Attrezzature boschive: Le ghette, non solo in inverno…

Riprendendo una vecchia consuetudine del blog, ovvero quello di parlare d’attrezzature boschive spesso ignorate o ritenute -errando- meno utili di altre, andiamo a vedere la praticità, dopo il bastone ed il cappello, di un elemento erroneamente riferito solo agli ambienti montani invernali, ovvero le Ghette.

Rivolgendoci a questo capo d’attrezzatura la mente si volge immantinente ai candidi manti nevosi ed alle vette repulsive ma, se è vero che determinati ambienti ne richiedono l’uso è altresì reale il loro utilizzo, che si perde nei meandri della storia, negli ambiti boschivi i più disparati; con questo breve scritto voglio illustrarne quindi l’utilità indubbia anche per i marinai di foresta dei giorni nostri.

Il primo e più evidente scopo delle Ghette è quello di non far entrare elementi estranei -neve, ma anche fango, ecc…- all’interno degli scarponi, “alzandone” il bordo fin quasi sotto al ginocchio (dipende ovviamente dalla lunghezza del modello che indossiamo) e già riflettendo su questa caratteristica possiamo immediatamente renderci conto di come non solo fra le nevi le nostre amiche ci potranno ausiliare, ma anche nell’attraversamento di pantani, acquitrini e negli spostamenti durante la pioggia ed a seguito di ciò arriviamo ad esaminare un altro pregio di questo capo.

Come detto le nostre Ghette ci aiuteranno a preservare l’interno degli scarponi da fastidiose infiltrazioni, le più varie, ma ci aiuteranno anche a mantenere pulita la parte bassa dei pantaloni che rimarrà protetta all’interno delle stesse che fungeranno da strato protettivo anche per essi, cosa assai importante nelle uscite di più giorni, infatti qualora dovessimo infilarci sotto una coperta o dentro un saccoletto non avendo a disposizione un cambio per la notte, non insudiceremo così il nostro giaciglio, cosa non da poco.

Sino ad ora abbiamo parlato di alcune evidenze non troppo originali riguardo l’uso delle suddette, ma andiamo ora a vedere alcuni loro pregi nascosti.

Durante l’attraversamento di un bosco fitto, soprattutto se fuori sentiero, le Ghette tuteleranno la parte della gamba fra ginocchio e scarpone da tutti quegli ostacoli a quell’altezza che potrebbero risultare fastidiosi durante la marcia come rovi, rami bassi ma anche ai rischi legati alla presenza, soprattutto nelle stagioni calde, di serpenti giacenti fra l’erba alta, celati al nostro sguardo.

Isolare poi la parte bassa del corpo sino alla cinta ci aiuterà ad evitare il più possibile, nelle stagioni calde, l’infiltrazione di quei simpatici animaletti che sono le zecche, ma anche le pulci di terra.

In ambito di esplorazione o permanenza in ambiente prolungata evitare eventuali ferite che potrebbero infettarsi è fondamentale ed anche un graffio di rovo, se ben assestato, potrebbe essere problematico, le ghette ci aiutano ad ovviare, almeno in parte, a questo pericoli per quanto riguarda la parte inferiore delle gambe.

Questi i pro, ma esistono anche, ovviamente, dei contro, che risiedono soprattutto nella macchinosità non tanto di indossarle, quanto di toglierle velocemente in caso di necessità (tempistiche che variano da modello a modello) e nel riscaldamento che la parte della gamba interessata dalla copertura subirà soprattutto nelle stagioni calde che potrebbe essere davvero un fastidio, ma anche in inverno potrebbe essere un problema diventando sostanzialmente un terzo -se non quarto- strato sulla gamba: calzino, pantalone, ghetta e se li si indossa dei sottopoantaloni.

Personalmente utilizzo le Ghette, oltre che in Inverno durante le uscite su neve, ogni qual volta mi reco ad esplorare una zona che non conosco o un area che so infestata da rovi o zecche o là dove il sottobosco sia bello fitto ed intricato. Non sempre le indosso per tutta l’uscita, spesso le stocco nello zaino e le indosso in caso di necessità, questo soprattutto nelle stagioni temperate, il peso in surplus è esiguo e la potenziale utilità vale sicuramente l’incomodo.

Le Ghette che utilizzo sono in cotone spesso, che provvedo ad impermeabilizzare ciclicamente, il modello è quello americano 1942, che oltre ad essere robusto e funzionale, si sposa bene con il mio abbigliamento d’antan; ovviamente una ghetta in tessuto naturale avrà specifiche differenti rispetto ad una in cordura, soprattutto in termini di resistenza all’acqua, mentre con la neve il problema si porrà solamente una volta giunti in prossimità di fonti di calore; durante la marcia la neve gelerà sul cotone impermeabilizzandolo ed isolando l’interno, ma una volta esposte al caldo la neve fonderà permeando il tessuto, per questo consiglio, a chi usasse il medesimo modello, o qualcosa di simile, di togliere le Ghette una volta allestito il fuoco di bivacco e metterle ad asciugare nei pressi della fiamma scongiurando così che i pantaloni si bagnino troppo tenendole indosso.

C’è da dire che questo modello ha dei problemi nelle marce prolungate su terreno nevoso perché il cinturino sotto scarpone, in spessa fettuccia di cotone,

tende a gelare ed a creare un fastidioso ed insidioso zoccolo sotto la pianta dello scarpone, problema che non si presenta se si indossano ramponi o ciaspole, ma che è davvero noioso durante la marcia “nuda”.

Due ultime suggestioni su questo specifico modello di ghetta: essendo chiusa con dei cordini, gli stessi possono essere sostituiti, come molti fanno con quelli degli scarponi, con del paracord, in modo da averne una riserva in surplus in caso di necessità.

Una volta allestito il campo, se la situazione non ne richiedesse più l’uso, le ghette possono essere appese a mò di mini amache porta oggetti sotto il tarp ad esempio, o fra dei rami.

Questo è quello che c’è da sapere sulle Ghette, indumento quattro stagioni e multi-utilità.

Buoni boschi!

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