Erbe spontanee: I prati nel piatto, sfrittata d’erbette varie e qualche considerazione sulla raccolta.

Qui sull’alpe è momento di rinascita. La Primavera con l’irruenza della sua verde infanzia torna come ogni anno a suonare la sveglia a prati e boschi che d’un tratto riscopriamo ottimi serbatoi di risorse alimentari e di utilità varie.

In questi giorni di raccolte vegetali, soprattutto ad uso trasformazione fitoterapica, ci sono tempo e piacere per raccogliere anche numerose risorse alimentari; i pregi delle spontanee sono consistenti, i più immediati risiedono nella possibilità di scoprire nuovi ed in molti casi antichi sapori, un tempo consueti sulle tavole primaverili (e non solo, vista la possibilità di realizzare conserve), che si scoprono essere davvero ottimi, in più queste conoscenze ci permettono di perpetrare la sopravvivenza di quei saperi arcaici che sempre più velocemente si stanno perdendo.


Un consiglio per migliorare ed ampliare le nostre raccolte.

La primavera è uno dei migliori momenti per raccogliere da selvatico ma il miglioramento delle nostre conoscenze di erbe, alberi e quant’altro si trovi nei boschi nei prati comincia da lontano, soprattutto in prossimità dei nostri luoghi consueti.

Una pianta fiorita, ad esempio, ci offrirà numerosi elementi di identificazione come foglie, fiori e sovente frutti, il “problema” è che spesse volte le spontanee dovranno essere raccolte in germoglio, o molto giovani, o prima della fioritura, il che rende la pianta adulta sostanzialmente inutile ai fini alimurgici per esempio, ma questo riconoscimento più immediato ci aiuterà ad imparare a distinguere la data pianta con sicurezza nel nostro futuro prossimo, infatti avendo cura di memorizzare la presenza e la posizione di tale risorsa, se avremo cura di visitarne i luoghi durante varii periodi dell’anno, potremo iniziare a familiarizzare con i suoi stadi evolutivi sino ad allenare il “colpo d’occhio” sia sulle varie fasi di crescita della pianta, sia sull’ambiente nel quale essa cresce, si sviluppa ed arriva a maturità sino ad appassire per poi rinascere, e questo che si tratti di perenni o di piante da seme. L’osservazione dev’essere, come sovente nel selvatico, uno dei nostri strumenti principe.

Memorizzate la posizione della pianta adulta che vi interessa, identificatela con sicurezza sia utilizzando i manuali, che sono un’importante risorsa (evitiamo le App, non sempre precise ed impigrenti lo spirito d’osservazione e ricerca), che le conoscenze -poiché in alcuni casi sopravvivono ancora- delle persone che vi circondano e delle tradizioni del luogo: così facendo in un tempo sorprendentemente veloce familiarizzeremo con numerose varietà vegetali, scoprendone non solo le proprietà fitoalimurgiche, ma anche i nomi locali e le tradizioni ad esse legate. Del bosco siamo sempre novizi e studenti stupefatti.


Tornando alle raccolte di questi giorni fra ieri e l’altro ieri ne ho approfittato per racimolare qualche erbetta di bosco e di prato, il tutto poi cucinato in padella ed incorporato in delle ottime “sfrittate” (non consumo uova, qui la ricetta di queste torte, cecine, farinate -chiamatele come volete- “rinforzate”, le sfrittate, appunto): una ai germogli di Pungitopo (ne esiste una colonia discretamente grande nei pressi di una falesia che frequento), le altre a base di un mix di spontanee, nello specifico Borraggine, Bistorta e qualche Silene. Queste sfrittate sono un pasto piuttosto completo che nasce sfruttando i sali minerali, le vitamine e tutti i nutrienti delle selvatiche assieme alla parte proteica dei ceci e quella di carboidrati della farina di grano. Sono ottime da portarsi in escursione o in parete, da sole o in un panino.

Gli ingredienti selvatici.

La sfrittata al Pungitopo.

La sfrittata alle erbette.

Per chi fosse interessato/a QUI il link al mio libriccino sulle proprietà e gli usi di numerose spontanee.

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