Attrezzature boschive: Savotta 339

Sono passati circa due anni da quando ho ricevuto come gradito regalo -e per fortuna, visto il prezzo che di anno in anno sale- il Savotta 339, lo storico modello della casa finlandese che da tempo era l’oggetto dei miei sogni e dopo tanto utilizzo penso di poter proporre le mie impressioni nella maniera più approfondita possibile, mettendo in luce pregi e difetti di questo bellissimo zaino, ma bando alle ciance cominciamo descrivendolo e sciorinando qualche dato tecnico.

Il 339 è uno zaino classico a telaio esterno basato sul primo modello messo in produzione da Savotta nel lontano 1955; questo modello “moderno” differisce dal suo antenato soltanto in qualche particolare, nello specifico i materiali sintetici delle fettucce in luogo della pelle, ed una taschina laterale a cerniera, per il resto ci troviamo innanzi ad una macchina del tempo in piena regola.

Notare le lunghe fettucce che chiudono il vano principale del 339, utili per stoccare sotto la patta eventuale materiale in surplus come materassini, viveri, ecc…

Si tratta uno zaino senza fronzoli: un vano principale, due tasche laterali ed una frontale, il tutto confezionato in solido e spesso cotone a trama molto fine, fettucce varie in nylon e chiusure delle tasche affidate a fibbie in plastica ad alta resistenza, telaio esterno in solido (e non leggerissimo, ovviamente) acciaio e null’altro, per un peso totale di circa 1900 grammi che tutto sommato non è tantissimo per uno zaino da 55/65 litri con telaio in metallo e materiali costruttivi che badano più alla resistenza che a lesinare peso.

La capienza dichiarata è di 55 litri, espandibili a 65 allentando il sistema di cordini sui due lati del sacco che permettono al vano principale di accrescersi a fisarmonica guadagnando circa -appunto- 10 litri e che dire, sia compattata che “rilassata”, la “tascona” di questo zaino è davvero un pozzo e la possibilità di regolare gli spazi stringendo o meno i soffietti laterali fa si che il carico sia sempre bello in posa, senza sballottamenti e spostamenti durante la marcia, a patto di riempire con almeno una quarantina di litri lo zaino, ovviamente.

I vani.

La tasca principale.

Come detto il vano principale è enorme,

la chiusura è affidata alla classica coulisse e coperta dalla patta dello zaino (chiusa attraverso un sistema tradizionale a due fettucce assai lunghe ottime per sovraccaricare lo zaino potendolo comunque chiudere con le fibbie di default senza dover giuntare cordini o fettucce) di dimensioni abbastanza generose ma che a mio avviso avrebbe potuto essere un pochino più avvolgente, con lo zaino bello stipato, se non si mette qualcosa di morbido in cima e non si serrano a dovere sia la coulisse del vano, sia quelle laterali dei soffietti, si rischia di non avere tutto il carico ben coperto, cosa noiosa in caso di neve o pioggia, con il rischio di fastidiose infiltrazioni d’acqua. Non sto dicendo che la patta sia sottodimensionata, ma che qualche lembo di stoffa in più avrebbe reso maggiormente agevole lo stoccaggio e la protezione del materiale, comunque come vedremo questo 339 è un muletto che necessita, per essere apprezzato e valorizzato, di esperienza d’utilizzo e conoscenza, si tratta di uno zaino di vecchia concezione che non può essere approcciato come un sacco moderno, ma non corriamo troppo, andiamo per ordine.

Sul lato destro dello zaino è stata applicata -come accennato poco sopra- una piccola cerniera che da accesso al vano principale,

forse utile nell’idea dei progettisti per accedere velocemente a dell’attrezzatura pronto uso

ma che a mio vedere è piuttosto superflua, in primis perché la cerniera non è impermeabile e quindi aggiunge allo zaino, di cotone con trattamento idororepellente, un potenziale punto di infiltrazione d’acqua (ma ad onor del vero il problema non si è mai verificato, anche sotto il temporale), c’è poi da rilevare che non avendo tasche interne e che comunque un minimo i piccoli oggetti tenderanno a scivolare verso il fondo del vano, il rischio di non trovare quel che si cerca frugando da questo pertugio è fondato a meno di non organizzare gli spazi interni con sacchette varie (cosa che faccio) che ovvino all’inconveniente.

Dopo la piccola nota, chiamiamola negativa, passiamo a parlare del sistema a soffietto che permette allo zaino di oscillare fra i 55 ed i 65 litri di capienza; sui due lati dello zaino sono presenti dei cordini

che permettono di allargare o ridurre il vano principale in funzione del carico dello zaino

Con il soffietto chiuso lo zaino ha una capienza di circa 55 litri…

…che diventano circa 65 mollando il sitema di cordini.

ed essere utilizzati anche per stoccare in modo stabile il contenuto del nostro sacco, infatti allargando le coulisse, caricando lo zaino, e successivamente tirando nuovamente i cordini, andremo a compattare il contenuto del nostro 339 in maniera decisa e stabile.

I cordini possono poi avere anche un’altro uso legato al trasporto di oggetti oblunghi come ad esempio una scure da campo semplicemente infilandola fra gli stessi ed il corpo dello zaino.

Le due tasche laterali.

Queste tasche hanno uno strano formato, strette e profonde possono accogliere agevolmente una bottiglia d’acqua da 1,5L, io le uso per lo stoccaggio di piccole attrezzature pronto uso come bussola, monocolo, frontale, posate, ecc…le patte di chiusura isolano bene la bocca del vano.

Il difetto di queste tasche è quello di avere una dimensione in larghezza che potrebbe risultare disagevole qualora si avessero mani grandi, non è il mio caso ma comunque giova segnalare l’incomodo, raggiungere il fondo della tasca avendo in dote delle “manone” potrebbe risultare scomodo.

Tasca bassa frontale.

Si tratta di un vano di circa 10L,

quindi piuttosto capiente; è chiuso con una patta a mio vedere leggermente sottodimensionata, se non caricata la tasca adeguatamente, infatti, si corre il concreto rischio che il vano non sia completamente coperto, con tutto ciò che ne può convenire in caso di pioggia o neve.

La tasca è in posizione di per sé comoda ma è utilizzabile in maniera adeguata solo con lo zaino riempito almeno per metà della sua capienza; avere uno zaino semi vuoto ed utilizzare la tasca frontale, che sborda dal piede del telaio,  vorrebbe dire avere quest’ultima penzolante in maniera tale da rendere la marcia scomoda con un peso, seppur esiguo, sballottante.

Il metodo di trasporto.

Il telaio esterno.

Come anticipato questo 339 arriva direttamente, con poche modifiche, dal 1955, il che significa che nell’approccio dovremo dimenticarci della distribuzione del carico degli zaini moderni: il sacco non prevede fascia ventrale ed il carico è per la maggior parte gravante sulle spalle, ci vuole un minimo di tempo per adattarsi e per farsi “la spalla” in modo da non patire troppo la fatica sui deltoidi, il telaio esterno è in solido acciaio, il che garantisce oltre alla resistenza un’ottimo grado di indeformabilità; all’altezza dei fianchi, e sui due lati, sono presenti degli ampi occhielli

dove in origine sono fissati anche gli spallacci e che possono essere utilizzati per appendere materiale come ad esempio dei guanti, ma non -come potrebbe sembrare- per aggiungere un’eventuale cintura ventrale, che andrà -se la si vuole- applicata differentemente (ne parlerò in un articolo ad hoc).

Il telaio ha una sorta di “piede” che si prolunga sotto lo zaino,

sino a circa metà del fondo, teoricamente questo dovrebbe tutelarlo dall’eccessiva abrasione del cotone, cosa assai improbabile, ma la sua presenza fa si che lo zaino possa sostenersi in piedi autonomamente e la cosa che mi piace assai è che lo stesso può essere usato tranquillamente -grazie proprio alla presenza del piede- come seduta senza rischio che il metallo si pieghi; ho usato lo zaino-sgabello sovente durante le attese in stazione ma anche durante una lunga marcia il poter sempre avere una potenziale seduta rialzata non è da sottovalutare, oltretutto il citato piede sosterrà anche il fondo del sacco evitando noiosi penzolamenti verificantisi con quasi tutti gli zaini in tela a fondo non rigido.

Lo schienale.

Sostanzialmente questo zaino ha tre punti di contatto con il corpo: spalle, parte alta della schiena e zona lombare (cosa che garantisce un’ottima areazione in estate) all’altezza della quale troviamo una fascia di appoggio che nella fattura rammenta il tessuto di una cintura di sicurezza.

Questa fascia può essere regolata in tensione facilmente attraverso un sistema di tiranti a cordino in modo da personalizzare l’appoggio e migliorarne il comfort.

Il sistema di regolazione sia della fascia lombare, in basso, che dello schienale, fettuccia verticale poco sopra.

La distanza degli spallacci dalla zona lombare può essere regolata sempre attraverso un sistema di cordini e tiranti che ricordano un bustino ottocentesco,

in pratica gli spallacci sono cuciti su un’ampia porzione di tessuto sintetico che potremo abbassare o alzare lungo il telaio in modo da adattare perfettamente sulla nostra schiena il sacco. Un tirante a fettuccia vincolato al telaio non permetterà eventuali “scivolamenti” del sistema di regolazione, rendendolo così stabile anche in caso si allentasse il sistema di cordini.

La regolazione dello schienale, come si sarà capito, è assai precisa e personalizzabile anche se non proprio intuitiva, come del resto ogni settaggio di questo zaino, ma una volta trovata la giusta misura l’esperienza di trasporto ne gioverà assai.

Spallacci.

Probabilmente la maggior difficoltà di personalizzazione risiede nel settaggio degli spallacci, regolati da un sistema non proprio intuitivo, infatti non è possibile aggiustare la lunghezza con lo zaino in spalla ma la regolazione andrà fatta prima di indossare il sacco e sarà fissa, con l’indubbio pregio di non perdere mai la misura nemmeno per errore, ma di contro ad ogni stagione, in base al volume del vestiario, dovremo ri-settare completamente da capo il nostro sistema, va da sé che se aggiungessimo o togliessimo strati durante una marcia invernale, non potremo effettuare micro-regolazioni. Settare la medesima lunghezza degli spallacci richiede un po’ di tempo ed una discreta dose d’attenzione.

Il 339 ha la possibilità di variare la distanza dello zaino dalle spalle attraverso un sistema di fibbie e fettucce presenti sulla parte alta delle spalle,

allentandole il sacco si allontanerà dalle stesse, scaricando proporzionalmente il carico dai deltoidi spostandolo sulla fascia d’appoggio lombare; più allenteremo queste fettucce, e lo potremo fare anche in marcia grazie ai sistemi di fibbie posizionati sulle spalle, più caricheremo la fascia retro-lombare, anche se la conformazione dello zaino comunque lascerà il maggior peso gravare, come detto, sui deltoidi.

Fettucce più allentate significano quindi e per quanto possibile spalle meno gravate con -di contro- zaino meno “fermo” sulla schiena, se avremo bisogno di uno zaino più stabile e meno ballerino, come ad esempio durante passaggi gravosi dove un peso che si muovesse sul nostro dorso potrebbe sbilanciarci, dovremo tirare al massimo queste fettucce rendendo il sacco adeso alla schiena e bello stabile. Ovviamente chi volesse approcciare a questo sacco dovrà dimenticarsi la sensazione di avvolgimento donata dagli zaini moderni, questo 339, all’inizio, darà la sensazione di essere sempre un pochino “svincolato” dalla nostra figura, cosa non veritiera, ma l’impressione sarà quella, almeno per le prime uscite.

Restiamo sugli spallacci, che sono probabilmente l’elemento del “Savottone” che presenta le maggiori criticità e che forse la casa dovrebbe rivedere.

I problemi sono sostanzialmente due, uno risolvibile ed uno decisamente meno ma che con la risoluzione del primo andrebbe decisamente a stemperarsi. Della difficoltà di settaggio abbiamo detto, e questa non c’entra.

Il difetto, forse l’unico vero difetto che ha questo zaino, risiede nella costruzione degli spallacci, che pur generosamente imbottiti, risultano essere davvero corti, tanto che sulle spalle la parte di imbottitura appoggiata per la lunghezza è davvero esigua mentre il grosso del morbido rimane abbastanza inutilmente situato dietro la schiena. A seconda di come si regola l’altezza dello schienale sul telaio gli spallacci guadagneranno più o meno superficie, ma la soluzione ottimale sarebbe stata quella di allungarne la porzione imbottita per rendere più confortevole per un maggior numero di utenti la portabilità; il mio esempio è esplicativo, il settaggio del mio schienale fa si che l’inserto fra parte imbottita e fettucce dello spallaccio, cucito e rivettato, si situi proprio all’altezza dell’ascella, cosa indifferente in inverno, con varii strati di vestiario indosso, ma più problematica nelle stagioni temperate/calde, dove i vestiti sono meno e l’inserto fra stoffa rivettata e fettuccia sintetica, rigida e tagliente, mi provoca dei fastidi, soprattutto in presenza di sudore, tanto che sto pensando di creare una sorta di imbottitura di backup da utilizzare durante le marce più lunghe e tutto questo si sarebbe potuto ovviare semplicemente utilizzando qualche centimetro in più di stoffa ed imbottitura, qualche grammo in surplus per un’esperienza di trasporto assai migliore.

La seconda criticità risiede nelle citate fettucce sintetiche, molto robuste e che dureranno decenni, ma al contempo rigide e taglienti, questo non sarebbe affatto un problema se non avessi riscontrato il problema appena menzionato del sottodimensionamento degli spallacci, infatti i problemi di rigidità ed abrasività delle parti sintetiche risiede quasi solamente agli inserti con questi ultimi, problemi che potrebbero acuirsi per chi avesse spalle assai larghe o un torso massiccio.

Ho riscontrato dei problemi anche rispetto l’attacco degli spallacci o meglio, delle fettucce terminali, al telaio; quando lo zaino esce di fabbrica queste sono agganciate agli occhielli lombari dei quali abbiamo già parlato, il problema è che la fettuccia tende a scorrere verso la parte bassa dell’occhiello quando lo zaino non è indossato, ed a bloccarsi li per frizione, con l’incomodo, quando andiamo a caricarcelo sulle spalle, di ridurre la misura degli spallacci rendendo disagevole la calzata, sarà quindi necessario sistemare prima le fettucce e poi indossare il sacco. Pare una cosa da poco ma spesso, per distrazione, stanchezza, fretta, è facile dimenticarsi di controllare la posizione dgli agganci con il rischio di imprecare discretamente non riuscendo ad infilarsi al volo lo zaino, cosa spiacevole se lo stesso fosse parecchio pesante con la noia di doverlo riappoggiare per aggiustare il tutto. Ho ovviato spostando gli agganci-fettuccia nella parte di telaio dietro la fascia lombare,

così facendo gli spallacci sono sempre in posizione corretta, di contro l’arretrare il punto di ancoraggio modifica leggermente il baricentro dello zaino, ma io preferisco questa soluzione, ovviamente ogni utilizzatore/trice si regolerà come meglio crede.

L’ultima criticità che rilevo sul sistema di portabilità riguarda la fettuccia di chiusura pettorale, che a differenza di molti zaini non si può regolare in altezza lungo gli spallacci essendo cucita direttamente sulle fettucce degli stessi,

il che vuol dire che a seconda della regolazione delle spalle ci troveremo la clip di chiusura più o meno alta sul petto, in molti casi…molto alta tanto da rendere più comodo lasciarla slacciata anche in passaggi che magari ne richiederebbero l’utilizzo, oltretutto la sua tensione va regolata con sagacia, lasciandola sempre leggermente lasca, perché la rigidità già citata delle fettucce potrebbe infastidire la respirazione profonda sotto sforzo, non avendo nessuna elasticità assecondante l’inspirazione. Mal di poco, basta saperlo e regolarsi di conseguenza.

Un gran pregio di questo zaino è la discreta modularità, il sacco può essere separato dalla struttura in metallo (avremo così un sacco privo di struttura e spallacci, solo da stoccaggio), così da avere eventualmente a disposizione un telaio con spallacci che può essere utilizzato per trasportare pesi importanti, legna, masserizie e tutto quanto possa esserci caricato su.

Il telaio separato dal sacco, fronte…

…e retro.

La separabilità del sacco dal telaio rende anche più agevoli eventuali riparazioni del tessuto senza avere ingombri ed ostacoli di sorta e la riparabilità totale, a patto di avere -e ci dev’essre- con sé un kit cucito è un bel pregio. Oltretutto le regolazioni di schienale e fascia lombare possono essere eseguite solo previa rimozione del sacco.

il telaio è vincolato al sacco nella parte alta tramite una “tasca” in sintetico presente sulla parte superiore dello zaino e che andrà inserita direttamente sulla struttura, ed in basso, a destra e sinistra del sacco, tramite 2 fettucce che si fisseranno agli elementi vderticali del telaio stesso.

Soffermandoci un attimo sul tessuto, quest’ultimo e trattato in maniera tale da essere discretamente impermeabile, io l’ho “rinfrescato” nuovamente con uno spray siliconico (solitamente uso cera e pazienza, ma avevo necessità di sbrigarmi ed ho ceduto alla chimica di sintesi) dopo quasi due anni di utilizzo e dopo che si erano verificate alcune infiltrazioni d’acqua durante una marcia di qualche ora in bosco sotto una pioggerella non forte ma continua. In sintesi l’impermeabilizzazione di fabbrica è ottima ma ovviamente va tenuta d’occhio e magari rinforzata se si ha in programma un’uscita di più giorni in ambiente.

Uno zaino in tela offre l’indubbio plus di essere, come detto, facilmente riparabile ma anche modificabile aggiungendo con semplicità -se ce ne fosse necessità- passanti, fettucce, anelli e quant’altro, facendo si che il nostro zaino diventi davvero qualcosa che rispecchi il nostro approccio e la nostra individualità.

Andiamo ora a sintetizzare i pro ed i contro di questo Savotta 339

…Ma prima…Modifiche in itinere

Le modifiche che andrò ad effettuare prossimamente sullo zaino riguardano come immaginabile gli spallacci e la fascia lombare.

Per quanto riguarda la fascia ho notato che durante le lunghe marce con abbigliamento leggero mi provoca un po’ di dolore là dove entra in contatto con le ossa del bacino, per ovviare a ciò realizzerò una fascia lievemente imbottita da applicarvi sopra, fissandola a strappo, così da rendere più confortevole la marcia, non so se sia un problema solo mio dovuto alla conformazione della schiena, ma segnalo l’incomodo.

Sugli spallacci penso di agire nella medesima maniera ma non ho ancora chiaro come procedere; sicuramente anche in questo caso le applicazioni dovranno essere removibili.

Ho aggiunto una spartana fascia ventrale che non aiuta particolarmente a scaricare il peso dalle spalle sui fianchi, ma certamente dona stabilità al sistema durante eventuali passaggi dove la stabilità del carico è richiesta.

Per concludere, PRO e CONTRO.

PRO:

– Capienza.

– Versatilità.

– Riparabilità e modificabilità.

– Aspetto retrò, anche l’occhio vuole la sua parte.

– Qualità costruttiva e dei materiali.

CONTRO:

– Peso.

– Spallacci leggermente sottodimensionati.

– Difficoltà di regolazione di schienale e spallacci.

Conclusioni.

Amo incondizionatamente questo Savotta 339 che è di fatto lo zaino che mi accompagna con più frequenza nelle peregrinazioni silvane: capiente, resistente e dannatamente bello non è però uno zaino per tutti o meglio non è adatto a chi cercasse nel sacco tutti i comfort e gli accorgimenti di uno zaino moderno, si tratta pur sempre di un modello derivato dal decano Savotta, disegnato nel lontano 1955, ergo il sistema di distribuzione dei pesi graverà decisamente sulle spalle e forzerà sulla parte bassa della schiena/bacino, rendendo i primi viaggi un po’ scomodi, ma una volta abituati i deltoidi e la testa a questo sistema di trasporto demodé troveremo la compagnia del nostro 339 piacevole.

La distribuzione dei pesi nel sacco, importante in ogni zaino, lo diventa ancor più negli zaini vecchia scuola come questo, scordatevi di sistemare carichi pesanti in alto, soprattutto se avete in previsione passaggi particolarmente esposti.

Una volta compresa la filosofia di questo zaino -ed un pochino di tempo ci vuole- lo troveremo uno strumento assai versatile, un pozzo da caricarsi sulle spalle nel quale trasportare di tutto, dalla nostra attrezzatura alla legna tagliata senza preoccuparsi troppo di danneggiare il robusto cotone con il quale questo zaino è realizzato.

La possibilità di separare il sacco dal telaio fa si che durante i campi prolungati in natura potremo usufruire di un sistema di trasporto versatile dato dal telaio in metallo al quale rimarranno fissati gli spallacci, potremo utilizzarlo per trasportare legna, viveri, foglie e rami, tutto quello che riusciremo a caricarci sopra insomma, senza doversi preoccupare di eventuali danni alla struttura.

Ad onor del vero il piede del telaio poteva essere lungo due o tre cm in più, ma si tratta di cercare il pelo nell’uovo.

Come tutti i vecchi zaini dal litraggio notevole questo 339 è ingombrante in larghezza, il che lo rende non proprio agile nei passaggi boschivi dove la vegetazione si fa fitta ed i rami bassi, ma ci si abitua.

Sto anche pensando di realizzare una piccola gerla da applicare sul telaio da usare per recuperare la legna in legnaia.

Consiglio questo zaino a chi avesse voglia di passare i prossimi anni -tanti vista la qualità dei materiali- in compagnia di un sacco senza fronzoli, resistente e dinamico mettendo in conto un po’ più di scomodità rispetto a tanti zaini contemporanei che però saranno nella differenziata quando ancora il nostro 339 sarà in piena forma, magari con qualche cicatrice prontamente e facilmente suturata e qualche modifica, decisamente più complicata da apportare su tessuti sintetici ultratecnici.

Il 339 è uno zaino da attività boschive più che da trekking, per lo meno nell’accezione moderna del termine e di questo va tenuto conto anche se ciò non vuol dire che non si possano passare 6/10 ore portandolo in spalla, solo dovremo fare l’abitudine al suo differente modo di farsi trasportare, non è adatto, a mio vedere, qualora si volessero affrontare dei percorsi che prevedono eventuali tratti di progressione verticale su roccia proprio per il peso scaricato sulle spalle che verrebbero limitate un po’ nel movimento di arrampicata, ho salito qualche tratto impervio necessitante dell’uso di mai e piedi e si fa, ma è più scomodo rispetto ad altri zaini e ci vuole un minimo di adattamento per capire come procedere in sicurezza.

Questo è quanto, buoni boschi!

Il 339 non teme le intemperie!

Lo zaino con telaio è ottimo per trasportare legna…

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