Racconti d’uscite: Nel Bosco dei Druidi, due notti

La giornata è iniziata tardi, sono all’imbocco del sentiero alle 19,30, nel migliore dei casi avrò ancora luce per un paio d’ore, mi appresto quindi a salire giusto i primi metri del sentiero tracciato per poi addentrarmi nei boschi che lo lambiscono.

Sono stato da queste parti circa 5 o 6 anni fa ripromettendomi di tornare a visitare questi luoghi con più calma e beh, anche questa ennesima incursione non sarà quella giusta ma, ancora, qualcosa si muove dentro, capisco che ancora tornerò.

Mi muovo in un bel bosco misto, retaggio forse di antiche coltivazioni più che dei classici Castagni, pur presenti, in netta minoranza surclassati dalla presenza del Nocciolo; ce ne sono molti e, nascosti fra loro, Carpini, Frassini e svettanti Pioppi neri. A terra numerosi massi di varie dimensioni segnano il cammino, individuo quelli che sembrano dei piccoli Menhir oramai allettati e -forse- quelli che paiono i resti di un Cromlech. Il ritrovamento potrebbe essere reale, questi boschi sono sempre stati magici ed in qualche misura sacri per le generazioni di individui che li hanno attraversati dal età del ferro sino ad oggi ma non ho tempo per soffermarmi, la priorità è trovare un’area adatta a me e la mia amaca, la notte incombe, terrò comunque ben a mente l’ubicazione delle pietre.

Procedo seguendo una delle numerosissime piste d’animali che solcano il sottobosco privilegiando quelle di Camoscio -tipico abitante di questi luoghi- e Capriolo ma ogni singola traccia porta il segno, più o meno velato, dell’utilizzo anche da parte dei Cinghiali.

Superata una sorta di piccola crestina mi trovo innanzi una piccola radura non troppo distante da un debole corso d’acqua che scorre poco più in basso, la zona è evidentemente un passaggio d’abbeveramento per diversi animali, prova ne è il povero Capriolo che arrivato placido per dissetarsi è fuggito ad eleganti balzi non aspettandosi di trovarsi innanzi un animale umano indaffarato in cose per lui straniere.

Intento ad allestire il punto amaca fra due carpini giusto fuori dai passaggi principali mi curo contestualmente di ciò che mi si muove attorno, il bosco acuisce i sensi che si fanno ricettivi, sottili, penetranti, pronti a cogliere ogni variazione di brezza, odori, suoni, colori; mi chiedo come si possa vivere altrimenti, inscatolati in cubicoli di cemento, respirando odori sintetici di detergenti chimici, ossessionati dai microbi, spaventati da ogni angolo appena buio, estranei a ciò che ci circonda. Che violenza si è recato l’umano civilizzato sradicandosi dal selvatico, dimenticandosi d’esserne parte tanto da volerlo addomesticare, svilire, distruggere non rendendosi conto che così facendo non fa altro che sradicarsi dal sé più profondo, svilendosi e autodistruggendosi e con lui distruggendo tutto ciò che gli sta attorno.

L’ignoranza è uno dei principali e più diffusi prodotti della modernità, così come la stupidità.

Sistemo con calma amaca e telo -sempre perso dai miei pensieri in piena- che tengo ben abbassato sul lato esposto al vento dominante, fra gli alberi comincia ad imbrunire ed una leggera brezza si leva, mangio qualcosa e mi infilo in amaca a leggere qualche pagina prima di sentire il sonno vincermi.

Si è fatta notte, uccelli sconosciuti chiacchierano placidamente fra loro, sento Ghiri o Scoiattoli che si muovono sulle fronde sopra il telo, qualche curioso decide addirittura di scendere a grattare contro lo zaino appeso ad uno dei due Carpini tentando di entrare e vi riesce, la visita dura poco, cibo non ce n’è, è appeso altrove.

Nel buio totale cominciano ad alzarsi due, dieci, miriadi di Lucciole, lo spettacolo è indescrivibile e mi ricorda quando da piccolo, nelle estati di una periferia toscana che ancora odorava di campagna, le attraversavo in uno stato di alterazione sensoriale, mi lascio trasportare dallo stormire delle foglie, il vento mugghia, lo sento arrivare con un sussurro da lontano per farsi sempre più vicino come una sorta d’onda che si approssima coprendo, via via che si avvicina, ogni altro rumore, per poi investirmi indifferente e passarmi sopra per procedere oltre attenuando, sino a scomparire, il suo rombo. Ai marinai di foresta capita di trovare un mare nel Bosco.

Mi faccio traghettare verso il sonno dai discorsi degli uccelli e dall’intermittenza delle Lucciole, sono quasi addormentato quando dopo una corsa a precipizio uno sbuffo ed una sorta di ruggito profondo, in realtà un grugnito, mi destano immediatamente: a non più di due metri da me un grosso Cinghiale manifesta tutto il suo disappunto nel trovarmi in quei luoghi; con la pila illumino l’area scoprendo con inquietudine d’essere circondato da almeno una decina di suoi simili fra i quali alcuni lattonzoli. Ci studiamo e, dopo la diffidenza iniziale e reciproca, capiamo che alla fine di posto ce n’è in abbondanza per tutti: dopo una mezz’ora di vicendevoli occhiate circospette i Cinghiali allontanano i lattonzoli, ora sembrano decisamente più rilassati ed io con loro, rimane a farmi compagnia un bell’esemplare dal muso simpatico, è ingordo però, evidentemente dedito ad una dieta a base di olii grassi che gli impone di mangiare con rumorosi schiocchi le nocciole verdi presenti in gran numero a terra, lo osservo per un po’ illuminandolo con la pila, lui mangia e mi ignora, poi finisce, finalmente si dorme.

Il Bosco fa risacca, si illumina, profuma, parla miriadi di lingue sconosciute, quelle degli uccelli, dei Cinghiali, delle Formiche che non sento, la mente vaga libera per questi Boschi, fra veglia e sonno, la respirazione addominale, che tanto mi ha aiutato in passato a lenire i dolori acuti di una bruttissima frattura, mi rilassa e mi accompagna in una sorta di espansione sensoriale, ogni suono mi attraversa e dona qualcosa di sé, le connessioni mentali si fanno più veloci e complesse, si intrecciano, che siano le famose porte della percezione?…nel dormiveglia mi torna in mente una chiacchierata con la guida della grotta di Gargas sui Pirenei che alla domanda se nei pressi dell’antro esistessero piante divinatorie che avrebbero potuto accompagnare i Maddaleniani nella realizzazione delle pitture rupestri (fra le quali le famose mani che si vedono spesso sui libri) mi rispose che no, piante non ce n’erano ma che probabilmente a creare una sorta di stato mistico di trance creativa potrebbero essere stati gli elementi naturali in concorso, ombre create dalle fiaccole, odori di grotta, echi, il contatto dei piedi sul calcare viscido, la solitudine nell’ignoto che, sommati, avrebbero creato quell’alterazione sensoriale che lui -mi diceva- aveva provato più volte quando, trovatosi in grotta da solo, aveva allentato i lacci della razionalità ed aveva dato spazio ai sensi, proprio ciò che sto provando ora cullato dal vento nella mia amaca.

A notte tarda pare tornato il momento dello spuntino per la comunità dei Cinghiali, lattonzoli compresi, che rumore! Destatomi, impossibile prendere nuovamente sonno, almeno sino a quando non rimaniamo nuovamente soli io ed il mio “coinquilino” che continua a sgrufolare, ma soltanto i suoi rumori sono gestibili, buona notte, ancora.

La mattina arriva presto, la sveglia è puntata per le 4,45, mi alzo a far colazione, poco distante il mio nuovo conoscente decide di farmi brevemente compagnia per poi andarsene. Rifaccio lo zaino e mi muovo verso la mia destinazione. Stanotte sarò ancora da queste parti.

La seconda notte comincia anch’essa poco prima delle otto di sera ma questa volta sono stanco, il poco sonno della notte precedente va recuperato assolutamente e la giornata è stata pesante, stesso Bosco, stessa flora, voglio trovare però un posticino più appartato, non che la compagnia della notte precedente non fosse piacevole, solo che i ragazzi erano dediti ai bagordi sino a notte fonda, troppo rumorosi per me abituato ad andare a dormire presto.

Individuo quello che ha l’aria d’essere un buon posto: un macigno alla mia sinistra ed uno poco dietro, posizione rialzata e riparata, ragionevolmente lontano da ogni passaggio.

L’allestimento è lento, sono davvero stanco, talmente tanto che devo pensare ad ogni nodo che faccio perché paio quasi non averne memoria, tutto è fatica, ora, tra spostamenti ed preparazione del rifugio sono in amaca alle 22.

Mi addormento di schianto fra le Lucciole e una lieve brezza, in lontananza l’abbaiare di un Capriolo, i Cinghiali bagordano anche qua ma a distanza, non sono fastidiosi, quest’anno il compleanno lo passo così, non faccio quasi a tempo a pensare nulla che cado addormentato.

Mi sveglio fresco e già riposato verso le 1,30, i bisogni fisiologici chiamano, esco dall’amaca e, mentre assecondo le mie necessità mi guardo in giro: la luna, nonostante sia al suo ultimo quarto, filtra fra le frasche ed il suo debole lucore copre di uno strato lattiginoso il sottobosco, qualche Lucciola attraversa la colata biancastra, in lontananza la Civetta stride, sopra la testa gli immancabili Ghiri, forse un Allocco. Torno a sprofondare nel sonno.

La mattina sono finalmente riposato, la colazione è piacevole, è l’ora di ripartire mentre albeggia.

Non sono dedito al misticismo, tutt’altro, ma è indubbio che questo Bosco abbia qualcosa di speciale, fra i suoi alberi si percepisce un’energia particolare, non a caso si hanno notizie della sua frequentazione da parte dei Druidi celtici, il cui animale guida era fra l’altro il Cinghiale, sarà un caso? Un’altra inconsuetudine del luogo è la presenza di magnetite nel sottosuolo, tanto concentrata da far impazzire, in determinate zone, l’ago della bussola.

Druidi, Cinghiali, l’orientamento affidato solo alla lettura del territorio e del cielo, tornerò sicuramente a dedicare tempo a questo Bosco.

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