Racconti d’uscite: il cammino della vita, visita ad un luogo rituale celtico (in una valle piemontese)

Soffia una leggera brezza, l’aria fresca ed il sole velato rendono il camminare piacevole, la direzione giornaliera dovrebbe portarci alla scoperta di un sito la cui costruzione pare risalga a circa 3000 anni fa, in piena epoca celtica e proprio di un sito celtico dovrebbe trattarsi, il libro dal quale abbiamo reperito le indicazioni ci dice che per una volta non dovremo inerpicarci o infilarci in intricati boschi, ma comunque dovremo cercare un minimo, come sempre le indicazioni sono parziali e quindi dovremo esercitare tutto il nostro colpo d’occhio.

La strada che percorriamo, poco sopra un fiume, è larga ed incorniciata da bei boschi di larici e frassini, piccoli pini e qualche betulla.

In meno tempo del previsto giungiamo nell’area che dovrebbe accogliere il sito, cominciamo quindi a muoverci nella boscaglia sul lato est della strada, ci separiamo di qualche decina di metri per battere al meglio l’area; io mi muovo in un intrico di piccole conifere seguendo delle pietre evidentemente -ad un occhio un minimo allenato- sistemate da mano umana.

Muovo con qualche affanno fra i bassi rami ma tento sempre di seguire quanto più fedelmente possibile quello che la mia fantasia disegna come una sorta di sentiero/camminamento, non sempre la sensazione è giusta, ma in questo caso un breve tratto di pavimentazione mi conferma che, pur non trattandosi del sito principale che stiamo cercando comunque sia un sito secondario, forse parte del complesso di Menhir obbiettivo della ricerca.

Il bosco va ora aprendosi, alti larici sfilano eleganti verso quel po’ di azzurro che ora sporca l’orizzonte oltre le fronde,

altre pietre lasciano presagire che di li a poco incapperemo in qualcosa, ed il primo “qualcosa” sono delle rocce che sembrano delimitare una sorta d’area, anche se è difficile esserne certi, nei secoli tante rocche sono state spostate, utilizzate come pietre confinali o asportate per creare passaggi piuttosto che come materiale da costruzione, dobbiamo quindi operare di fantasia ed intuito.

Nella ricerca di questi particolari siti, al di là delle indicazioni (quando ci sono) che sono quasi sempre generiche e parziali, l’individuazione dei reperti è affidata alle capacità del cercatore e questo per evitare che non sia troppo facile raggiungere i luoghi e che quindi chi vi si reca sia veramente interessato a visitare certe aree; purtroppo in passato alcune incisioni neolitiche sono state danneggiate da idioti e quindi le precauzioni sono d’obbligo.

Il fiume a sinistra del nostro senso di marcia, a destra una vecchia strada militare (in parte probabilmente responsabile d’aver “tagliato” l’area “sacra”), lo spazio di ricerca è limitato ed infatti abbandonando l’argine alto del torrente dov’ero stato attirato da un ometto di pietra posto su una roccia isolata, mi trovo innanzi un piccolo pianoro dominato da un masso piuttosto grande e da tutta una serie di pietre infisse al suolo che ad un primo sguardo paiono sistemate alla rinfusa, il luogo è evidentemente quello giusto, non resta ora che osservarlo con più attenzione.

Non ci sono certezze sull’area: quello che si sa è che il sito è datato circa al 3000 A.C e che il masso già citato, che sulla sua sommità ha una cuspide naturale, sarebbe servito come “traguardo” per il Solstizio d’Estate, pare infatti che l’astro vada a spegnersi proprio sulla puntina della roccia.

Non riesco a capire l’ordine delle pietre, almeno standoci in mezzo, decido quindi di salire sul roccione ed osservare l’area dall’alto

e, sorpresa! Si tratta di un camminamento che ad un certo punto dipana in due direzioni appena divergenti,

tornato a terra controllo con la bussola l’orientamento di quella che ora anche da basso pare una sorta di sentiero che si direziona perfettamente sull’asse Ovest/est come molte incisioni e siti che mi è capitato di visitare, questa indicazione potrebbe essere importante per tentare di capire la “destinazione d’uso” dell’area.

Seguiamo le due divergenze, io quella di sinistra, V. quella di destra.

Tendo una linea dritta per dritta a partire dai menhir attraverso nuovamente un brevissimo tratto di bosco e mi trovo proprio innanzi all’ometto che già aveva attirato la mia attenzione, sono proprio davanti a quello che ha l’aria d’essere un masso/altare al cui centro si erge la catasta dei sassi, ai piedi della roccia tracce recenti di falò e di scheggiatura della pietra lasciano intendere che qualcuno sia ancora dedito alla frequentazione rituale dell’area, affascinante.

Vengo richiamato da un fischio, segnale convenzionale delle nostre ricerche, mi sposto quindi in direzione sud/sud-est verso V che seguendo la sua divergenza ha trovato un masso parimenti posto sull’argine alto del fiume, calcolando la traiettoria ci rendiamo conto che dalla sua sommità non sarebbe difficile, se ci fossero meno foglie, vedere la cuspide del masso fra i Menhir, oltretutto entrambe le rocce hanno una particolarità, sono le uniche due coperte da mischi arancioni.

La roccia è particolare ma lo è ancora di più quello che vediamo poco sotto: questo impetuoso fiumiciattolo, proprio in prossimità dell’area sotto il roccione, è strozzato in due punti del suo corso, così che nell’alveo si venga a creare una piscina naturale e ok, comincio a farmi un’idea del possibile senso del luogo.

Diamo un’altra esplorata all’area e capiamo che ai tempi dell’edificazione doveva essere un sito monumentale, troviamo il tumulo che sapevamo esserci,

è come descritto sul libro che ci ha portato sin qui quasi totalmente interrato ma se ne individuano ancora molto bene le forme.

Fra il tumulo e le pietre trovo una struttura di pietre disposte a rettangolo, mi ricorda lo schema di alcune sepolture viste sui libri, chissà…

Comincia a piovere, siamo attrezzati, male di poco. Passeggiando ora nei boschi che abbracciano il sito, tentando di mettere assieme gli elementi che abbiamo rilevato, ci accorgiamo che l’area è probabilmente molto più estesa di quanto scoperto sino ad ora, dovremo tornarci e dedicarci ai dintorni.

Ci siamo fatti/e un’idea di ciò che l’area del masso e del camminamento potessero significare:

abbiamo l’acqua ad est, un’acqua quieta in mezzo all’impeto, abbiamo il bosco, scuro, ad Ovest, delimitato in alto da un’imponente bastionata rocciosa, cosa ci dicono questi elementi?

“il camminamento” fra i menhir è posto sull’asse Ovest/Est provenendo dalla strada militare, ma la direzione arcaica di attraversamento dovrebbe essere Est/Ovest, come mai? Perché l’acqua è sempre stata madre e fonte di vita, la pozza è quindi l’inzio del percorso, una sorta di nascita -l’acqua è il liquido uterino della terra- che seguendo il tragitto del sole -la palla di fuoco, elemento di vita per gli antichi popoli- al solstizio che nasce ad Est e accompagna l’iniziato attraverso la sua vita (il percorso fra i Menhir) sino al suo naturale spegnersi ad Ovest, dove anche il sole muore…

Crediamo quindi che il sentiero dei Menhir, almeno quello che diparte dalla pozza, rappresenti un tragitto rituale che idealmente fa percorrere all’iniziato il ciclo di nascita (Est) e morte (Ovest) del sole, che diventa così allegoria della vita tutta, in questo caso dell’animale umano.

Abbiamo tutti gli elementi plasmanti la vita delle culture arcaiche come l’acqua del fiume, la terra calpestata che si guadagna uscendo da questa e che pare simboleggiare una nascita, il fuoco del Sole che, durante il solstizio d’estate, nasce idealmente dalla pozza del fiume e muore nell’oscurità dietro le bastionate rocciose, e in tutto ciò il cielo aperto sopra di noi.

Chissà, è un’ipotesi, una a cui ci piace credere.

Dovrò tornare in zona e dedicarmi a seguire la direzione Ovest verso il bosco e le bastionate, chissà che nascosto fra i fitti lariceti non ci sia ancora obliata una parte della storia di questi luoghi…a presto.

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