Escursione: La prima neve, passeggiata rituale

Come da tradizione -oramai da qualche anno- con la prima nevicata è d’obbligo l’uscita boschiva, si tratti di una passeggiata, un uscita giornaliera o un bivacco l’importante è battezzare la prima imbiancata solcandone vello bianco.

Quest’anno l’uscita è stata breve a causa di impegni che mi hanno occupato la prima parte di giornata, mi sono quindi risoluto per un’uscita di qualche ora fra i consueti boschi vicino casa.

La giornata è serena, in realtà ha smesso di nevicare verso l’alba e un tiepido sole riscalda ora il circostante rendendo piacevole camminare fra gli alberi che con la loro parca ombra, spoglia di foglie ma comunque presente, attenuano il riverbero della luce sul manto nevoso.

Cammino con lentezza accompagnato dal cigolio della neve che si comprime sotto gli scarponi, tutto il tratto di bosco che attraverso è puntinato d’impronte di cervi, camosci, cinghiali, volpi; non ho fretta e mi lascio rapire dai colori d’autunno inoltrato che contrastano fra loro in maniera tale da sembrare vergati dalla sapiente mano di un pittore romantico, il giallo oro delle poche foglie rimaste sulle betulle, il marrone di quelle di Castagno, il rosso dell’Acero di monte, l’ostinato muschio verde sui tronchi, una gioia per gli occhi e per lo spirito.

Cammino nella neve che, nonostante le temperature nei pressi dello zero, sta frollandosi un poco, almeno nei punti più esposti.

Come sempre incedere nel bosco significa entrare in rapporto con l’ambiente che mi circonda attraversandolo con rispetto e curiosità poiché anche una zona conosciuta ed attraversata mille volte può sempre regalare qualcosa di inaspettato.

Nei pressi di un antico muretto a secco noto un pino che vado subito ad esaminare, capita spesso di poter ricavare della resina da questi alberi profumati ed infatti un lato del tronco presenta una sorta di trauma da urto, frutto forse dell’impatto con una delle numerose pietre che rotolano a valle dall’area rocciosa sovrastante.

Il punto dell’impatto, che pare essere relativamente recente, presenta numerosi affioramenti di resina sia fresca e quindi ancora viscosa, sia semi-solidificata e questa fa proprio al caso mio, con la punta del coltello ne stacco un piccolo pezzo che avvolgo con cura in una foglia di castagno.

Durante le uscite, anche quelle che nelle idee di partenza dovrebbero essere brevi e senza problemi, sono solito raccogliere tutto ciò che mi potrebbe verosimilmente essere utile in caso di necessità, pezzi di cordame, sotto-corteccia e cortecce varie, resine…

Procedo e dopo l’incontro con il pino e di qualche cespuglio di rosa canina poco più in là si fa strada la voglia di un buon infuso corroborante, decido quindi di trovare un’area adatta ad una breve sosta nella quale fermarmi a preparare qualcosa di caldo; la zona dove mi trovo parrebbe ottima ma gli alberi, in preponderanza sempreverdi, scaricano piccole cascatelle di neve e mi risolvo quindi a cercare un luogo adatto fra degli alberi caduci, niente foglie, meno rischio di farsi una doccia di neve.

Attraverso una piccola betullaia,

come d’ordinanza a terra si trovano molti alberi e recupero quindi anche una piccola porzione di corteccia di Betulla da una pianta morta appoggiata ad una grossa pietra, non tocca terra, sarà utile.

Mi fermo poco più avanti in uno spiazzo fra qualche Castagno tra i quali uno secco in pianta, l’area è perfetta, niente foglie sopra la testa, delle betulle vicino, molti arbusti dai quali recuperare legna da ardere, decido quindi di realizzare un piccolo focolare dove scaldare dell’acqua.

Tornato alle betulle sego una porzione dell’albero caduto sulla roccia che separo ulteriormente in pezzi trasportabili, traslo quindi il legname nell’area preposta,

apro in due i tronchetti e con alcuni di essi preparo l’area dove accenderò il fuoco, ora devo recuperare della legna se non proprio asciutta almeno poco umida.

Recupero qualche rametto da una pianta secca di ginepro, riesco a procurarmi sia dei rametti molto sottili che qualcuno più grandicello, dello spessore di un mignolo, questi mi serviranno per alimentare il fuoco appena nato, ora devo recuperare del legname più corposo per alimentare e mantenere il fuoco quanto basta al mio scopo; nella ceppaia di Castagno individuata in precedenza trovo un pollone morto in pianta e ne sego giusto un rametto che mi servirà oltre che come combustibile come basamento per la gavetta.

Il materiale per l’accensione c’è tutto, ora si tratta di processarlo a dovere ed accendere il fuoco.

I rametti di Ginepro sono molto secchi ed asciutti, cosa che non si può dire del ramo di castagno che evidentemente ha assorbito superficialmente l’umidità della neve che probabilmente si era adagiata su di lui; in realtà la notizia è relativamente cattiva, sicuramente l’anima del tronchetto sarà asciutta e non resta che processare il materiale, mentre l’umidità residua farà si che la legna che userò come supporto della gavetta non bruci prima di aver scaldato l’acqua.

Apro in due una porzione di ramo,

gli elementi così ricavati saranno il supporto della gavetta, separo in legnetti più sottili il restante materiale, il combustibile è pronto, ora è giunto il momento di preparare le esche.

Quello che gli anglosassoni chiamano feather stick, i riccioli del legno, che devono essere sottili, saranno facili da accendere

Lungo la via ho recuperato resina e corteccia di Betulla e tutto ciò sarebbe già bastante per accendere ma decido di servirmi anche di un po di cuore di pino (fatwood) che porto sempre con me nel kit fuoco.

Il materiale utile per l’accensione:
1- Kit fuoco contenente varie esche fra le quali del Cuore di Pino (Fat Wood);
2- Corteccia di Betulla;
3- Legnetti sottili di varii spessori, ben asciutti.

Su un pezzo di corteccia di Betulla gratto giusto qualche ricciolo di cuore, essendo altamente infiammabile ne basta davvero poco,

alimenterò poi la fiamma con la resina semi-solida raccolta poco prima e con il resto della corteccia per andarvi poi a coricare sopra con delicatezza i rametti sottili e via via quelli più grossi; con il fuoco si deve avere pazienza, dovremo prenderci tutto il tempo necessario per l’allestimento del suo letto, per il reperimento del combustibile ed il suo processamento, per la preparazione delle esche, per alimentarlo, il bosco non conosce fretta.

Accendo con facilità il Pino servendomi del ferrocerio,

comincio quindi ad aggiungere prima i rametti sottili, poi via via quelli più grandi badando bene di non soffocare il fuoco, in pochi minuti la fiamma è scoccata ed il piccolo falò pronto. Nei dintorni recupero qualche rametto di Pino ed alcune bacche di rosa canina, non mi resta ora che bollire della neve e successivamente infondere i miei ingredienti*.

Sorseggio con piacere l’infuso caldo, gli ingredienti sono abbastanza saporiti da permettermi anche un secondo giro di infusione, tutto intorno è quiete ed il calore del fuoco sulla pelle mi dona ogni volta una tranquillità senza eguali. Rimango ancora un po di tempo a godermi la fiamma con le sue lingue guizzanti, quasi ipnotiche, il sole comincia a farsi fioco apprestandosi a sparire dietro le montagne verso la Francia.

Un breve video del fuoco, clicca

Spento il falò e ripristinata l’area mi avvio placidamente verso casa. Anche quest’anno la mia personale tradizione è rispettata.

*NB: una volta bollita l’acqua se volete mantenere (in parte) le proprietà della vitamina C presente sia nel Pino che nella rosa dovrete attuare l’accorgimento di far raffreddare qualche minuto l’acqua una volta raggiunto il punto di bollore (visto che la vitamina C è molto delicata e termolabile) prima di mettere a rinvenire gli ingredienti che dovranno infondere fra i 5 e i 10 minuti.

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