Preparazione, valutazione del rischio e pianificazione in base al territorio sono tre fattori molto importanti; oggi ho intenzione di uscire per un’oretta al massimo per andare a visionare una parete sopra il paese vicino, una roba da poco.
L’osservazione del terreno nel quale mi muoverò ad un primo sguardo -da lontano e con il monocolo- non sembra destare particolari problemi sino sotto la parete, ma muovendomi comunque in un bosco alpino piuttosto ripido porterò con me, come sempre in questi casi, un kit minimo da bosco verticale composto da 4 moschettoni (due da usare in caso di sosta anche con l’amaca), due anelli di cordino di lunghezza differente ed un anello di fettuccia lungo, oltre che 20 mt di corda, tutto peso in surplus che probabilmente non servirà, ed invece…se in basso il bosco è un intrico di qualsiasi cosa possa pungere dalla Rosa canina al Crespino, dal Prugnolo al Biancospino, poco più su si trasforma in una pietraia notevole e poco compatta che giunge poi sotto alcuni scivoli rocciosi con un buon grip ma pochi appigli. La salita procede lenta, pungente e lungo una linea dettata dai pochi passaggi privi di spunzoni, oltre che seguendo le piste dei selvatici.
Proprio sui citati scivoli mi rendo conto che non sarà un’uscita in relax come avevo pensato e oltretutto scendere non sarà affatto facile, probabilmente la via d’uscita più semplice sarà il pianoro sopra le pareti, ad occhio raggiungibile da una lingua di terra molto pendente che si dipana fra due contrafforti rocciosi molto sporchi di terra, detriti e muschio, ma prima di pensare a come tornare c’è da concentrarsi sulla parete ora così vicina, peccato che sia protetta da una fitta macchia di Prugnoli che arrivano sino alla sua base da un lato e dall’altro al bordo di un lungo salto di 10mt, in poche parole il mio obbiettivo è irraggiungibile o meglio, raggiungibile dopo almeno 2 ore di disboscamento feroce e francamente mancano tempo e voglia, oltre che il senso di tagliare via piante per una parete isolata e -vista da vicino- nemmeno troppo bella.
Si rientra, per arrivare al canalone però devo salire sull’ennesimo scivolo intervallato da del terreno smosso dal continuo passaggio degli stambecchi i cui ciuffi di pelo sono ad addobbare i prugnoli (siamo nel periodo del cambio e spesso le piante vengono usate da questi maestosi animali per grattarsi e togliere il pelo vecchio).
Salgo e salgo fino a rendermi conto dell’impossibilità, se non prendendosi rischi davvero eccessivi, di raggiungere il canale e come se non bastasse scendere beh, non ha l’aria di essere proprio una buona idea ma c’è da prendere una decisione e valutati rischi e guadagni la seconda opzione mi pare migliore.
Scendo lentamente puntando i primi alberi che si trovano però almeno a 20 o 30 mt più sotto, prestando attenzione procedo calibrando ogni passo ma scivolo a pochi metri da un salto di circa 4 mt, ho la prontezza di ruotare il busto verso una pianta di prugnolo che arresta la scivolata grazie alle spine, mi buco ma sono intero, però sarebbe il caso di non rischiare più, il bonus di giornata è esaurito.
Riparto con circospezione, sono quasi agli alberi, eccoli; noto con disappunto come il primo sia morto, un Pino…in un altro frangente avrei provato a ricavare del fatwood ma ora proprio non è il caso, l’altro albero è vicino ma prima devo traversare su roccia molto esposta e sporca, eseguo le manovre con cura e fortunatamente questo, un altro Pino, è sano.
Circa 7 o 8 metri sotto comincia l’ennesimo scivolo ma pare che ci sia un buon passaggio e quello diventa il mio obiettivo, passo la corda intorno al tronco e la fisso momentaneamente in modo che non si sfili, dopodiché realizzo un imbrago con la fettuccia, ora posso allestire la doppia. Realizzo il machard con il loop di cordino corto ed uso quello lungo per attaccare all’imbrago d’emergenza il freno di calata realizzato con i moschettoni; la prima doppia mi porta sullo scivolo individuato ed effettivamente sulla mia destra c’è una sorta di cengetta declinante, pendolando ci arrivo preciso preciso, con i nodi di fine corda quasi in mano.
Recuperato e rifatto il materiale scendo lungo la cengetta che mi porta sull’ennesimo terreno smosso inframezzato dagli immancabili prugnoli, vedo altri alberi in basso, mi potrebbero servire.
Scendo con fatica, sento leggere scariche di adrenalina, mi sto un po stufando, doveva essere una scampagnata! Comunque giungo sul bordo di in salto di circa 8mt, potrei forse disarrampicare ma poco distante c’è una quercia, una doppia sarebbe una via più diretta e sicura ed infatti così è.
Finalmente sono fra i castagni, il difficile è finito. Mi dirigo velocemente alla macchina dove alcuni turisti mi salutano. Mi rendo conto ora di aver fame, sono uscito alle 11 ed ora sono le 16,30, niente pranzo. In breve sono a casa, accendo la stufa e mi metto a cucinare.
Tutto questo preambolo per dire che ogni ambiente necessita di un materiale adeguato e delle giuste tecniche per utilizzarlo; conviene sempre portare con sé il minimo indispensabile per affrontare eventuali imprevisti causati dal terreno nel quale ci si muove, le attrezzature però da sole servono a poco se non si ha un’adeguata preparazione, ancora più importante quando l’ambiente può richiedere pratica nelle tecniche di scalata/calata. Alla prossima!
M.