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LA RESISTENZA DELLA SCIMMIE NEI LABORATORI
Alcune storie di evasioni di massa
Il Tulane National Primate Research Center ha subito molte evasioni di massa. Fondato nel 1964, è situato a Covington, in Louisiana, lungo la strada rialzata che conduce a New Orleans. Il TNPRC conduce ricerche biomediche utilizzando virus, batteri e parassiti. Detiene oltre 5000 scimmie di 11 specie diverse. La prima grande fuga avvenne nel 1987. Cento macachi rhesus uscirono dal recinto e fuggirono nelle paludi. La seconda avvenne nel 1994, quando 29 macachi nemestrini fuggirono nel territorio circostante. Ogni volta, la cattura fu un processo lungo e non sempre coronato da successo.
Carl Hagenbeck, commerciante di animali esotici molto attivo nel diciannovesimo secolo, racconta di una spedizione in nord Africa. Stava catturando dei babbuini, che a quei tempi e ancora oggi i laboratori utilizzano nelle proprie ricerche. All’inizio, di solito, era tutto semplice: si trattava di piazzare le trappole e aspettare. Ma quando gli animali venivano catturati, ecco che iniziavano i problemi più gravi. Per prima cosa, bisognava muoversi velocemente, “perchè i babbuini sono dotati di grande forza, e avrebbero presto spezzato le sbarre della gabbia”. Con l’aiuto di un legno biforcuto gli esemplari più giovani venivano tenuti fermi e imbavagliati. Mani e piedi venivano legati, e il corpo fasciato con degli stracci per immobilizzarli. Su di loro e sui genitori e i babbuini più anziani si sparava a raffica: erano troppo difficili da gestire. A questo punto, era necessario lasciare subito la zona e allontarsi il più possibile, perchè i babbuini che non erano stati presi in trappola sarebbe tornati e avrebbero combattuto per liberare i propri amici e familiari. Hagenbeck ha descritto molte di queste “battaglie”. “Un piccolo babbuino, ferito da una randellata, venne ripreso e portato in salvo da un grande maschio proprio dal centro dello schieramento nemico… In un altro caso, una femmina che portava già un piccolo sulla schiena, scappo via dopo averne preso con un altro la cui madre era stata uccisa”. Talvolta i cacciatori riuscivano a respingere gli assalti; altre volte i babbuini vincevano e aprivano molte gabbie. A rendere ancora più complicata la situazione c’era il fatto che le carovane con i babbuini prigionieri venivano spesso attaccate lungo la strada verso il porto. Hagenbeck racconta che anche a grande distanza dal sito di cattura i babbuini comparivano e mettevano in atto coraggiosi tentativi di liberazione. Si trattava degli stessi animali di prima, che avevano seguito la carovana? O erano invece altri animali, che avevano udito le grida soffocate ed erano accorsi in soccorso ai loro compagni? Hagenbeck non lo sapeva. Continua a leggere






