In giro per un’area frequentata dall’eta’ del ferro e successivamente utilizzata dai celti dei quali si possono ancora individuare file di menir più o meno piccoli così come qua e la’ nel bosco -che oramai ha ripreso possesso dei suoi spazi- è possibile inciampare, fra file di funghi divinatori, nelle fondamenta in pietre posate a secco di abitazioni risalenti al medioevo; in questo bosco evocativo si respira un’atmosfera davvero inconsueta, la mente vaga e si perde, per essere poi riportata a sé dal gracchiare stridulo della ghiandaia o dal vociare atavico del corvo.
In questi luoghi dove la trama della storia confonde i suoi fili è bello vagare, esplorare, ascoltare ed annusare, perdersi fra le piaghe di un tempo che si sospende e che a volte procede a lunghe falcate, certe altre con il passo delicato della volpe.
Incontrando una caratteristica formazione rocciosa non posso far a meno di salirla per indagarne i meandri, la sua posizione in mezzo a questo bosco mistico la presenta quasi come un tempio o meglio, una fortezza di pietra a guardia della vallata sottostante.
Le betulle si stagliano dal sottobosco ancora verde come ossa nude, memori di antiche battaglie. Ricordare…
Ricordare che anche noi saremo un giorno parte di quel muschio, nutrimento di quei funghi, tappeto per passi altrui, sconosciuti, nell’inebriante odore del bosco dopo la pioggia.
Il nostro tempo è ora, non sprechiamolo morendo a credito.