La politica è, in realtà, l’arte di camuffare i fatti cambiando le parole. La loro “guerra al terrorismo” su scala planetaria non è che un’arma di propaganda per legittimare tutte le aggressioni militari all’esterno e ogni repressione dei ribelli all’interno. In un gioco di specchi, lo Stato vorrebbe obbligare tutti noi ad essere il riflesso del suo sporco muso autoritario. Amicizie, affinità e condividere una stessa idea di libertà divengono un “associazione sovversiva con fini terroristici”. Relazioni tessute all’interno delle lotte divengono un “movimento anarco-autonomo”. Un fumogeno diviene una bomba.
Tuttavia organizzarsi non è necessariamente costituire una Organizzazione, così come uno sciopero non è un prendere in ostaggio. L’attacco ad una banca, ad una prigione, ad un ANPE, una sede politica, ad un centro di reclusione (CPT), il sabotaggio della circolazione dei treni o delle macchine in una fabbrica, non sono “terrorismo”. Un abisso separa chi insorge per liberarsi e quelli che colpiscono nel mucchio per difendere, consolidare o conquistare il potere, cioè gli Stati e i loro concorrenti, i padroni, i loro mercenari e i loro laboratori di morte.
In questa guerra sociale che si svolge al lavoro come per strada, di giorno come di notte, il nemico è ogni individuo che ostacola la marcia radiosa del capitale.
Che ciascuno, nel modo che ritiene più adeguato, si opponga al terrorismo di Stato e al totalitarismo democratico.
Noi non subiremo questa dichiarazione di guerra abbassando la testa
CHE CREPI IL MIGLIORE DEI MONDI !