In questi tempi…d’altri tempi, il saper fare ha riacquistato un valore diverso, non per noi testardi demodé, ma per chi ha pensato che la delega di ogni proprio ambito di esistenza ad altri fosse più comodo ed uno dei privilegi della modernità forse questo scorcio di 2020 ha rappresentato una discreta doccia fredda, basta qualcosa che inceppi la macchina e c’è chi si rende conto di quanto la città sia alienante, di quanto l’incapacità di poter pensare a sé, anche nelle cose più semplici, pesi e ti faccia sentire impotente.
Un tempo un personaggio pessimo, commentando la mia volontà di tornare ad uno stile di vita più semplice, mi liquidò dicendo: “la terra è bassa, vedrai che ti stuferai, io facevo il contadino, ora che faccio il xxxx e sto in città è meglio, dammi retta”. Ecco ad oggi tengo ancor più stretta la zappa e do ancora più valore ai boschi che mi circondano, le competenze acquisite sono tante e tanto ancora c’è da imparare ma oggi uscendo a lavorare quel po di terra che mi darà anche per quest’anno cibo mi sono convinto ancor più che la scelta è stata più che giusta.
Qui al paese la vita scorre quasi come sempre, pochi in giro per le vie, gli spostamenti si riducono alla via per l’orto, pennacchi di fumo si levano dagli appezzamenti, rumori di zappe e motozappe.
Qualche giorno fa abbiamo panificato, un piccolo gruppo, con tutte le cautele, ha acceso il forno -datato 1790- ed ha impastato pane e focacce, è stata la seconda panificazione ai tempi del covid: pane misto segale, pane ai cereali e focacce di tre tipi, riso venere, cipolle, e classica…
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