Il Bosco fuori dal Bosco.

Il Bosco fuori dal Bosco, una riflessione su attrezzature, tecniche ed impostazione mentale.

Sono certo che qualcuno si domanderà o vi avrà domandato (in questo caso spesso con malcelata ironia) se effettivamente, nella pratica giornaliera, tutto ciò che si va ad imparare frequentando il selvatico, in un mondo sempre più artificiale, informatizzato ed automatizzato abbia un senso ed una reale utilità; ovviamente chi si ponesse questo tipo di domanda, va da sé, sarebbe certamente qualcuno che o non ha mai frequentato un bosco o, in caso contrario, lo avrà fatto in maniera turistico/sportiva, attraversandolo come si fa con un’incrocio o un quartiere cittadino magari badando quasi solo a tempi e dislivelli, fidando sul percorso assegnatogli dal gps.

Chi frequentasse invece il Bosco assiduamente come ambiente da vivere e nel quale permanere per tempi più o meno lunghi quindi non soltanto come spazio, per quanto suggestivo, solo da attraversare il più veloce possibile, sa benissimo quanto le pratiche utili a vivere piacevolmente e quanto più in sicurezza possibile il selvatico, nonché certe attrezzature, possano tornare utili anche in quegli spezzoni di vita -generalmente preponderanti- che ci troviamo a vivere all’interno del consesso umano “civilizzato”.

Personalmente ho riscontrato che sovente, là dove si siano verificate criticità di qualsiasi specie (o quasi) l’esperienza boschiva abbia giocato un ruolo importante nel superamento delle stesse, sia a livello mentale che tecnico. Andiamo a spiegarci meglio.

Al fine di non tediare troppo il lettore (ma temo che questo mio intendimento andrà presto disilluso) andrò a schematizzare in maniera piuttosto brutale la tematica, che risulterebbe altresì molto lunga da trattare. Mi si perdoneranno quindi alcuni sgrossi e scheggiature superficiali.

Partiamo dalle basi, che cosa ci insegna il bosco -o cosa per lo meno ha insegnato a me- che possa essere utile anche in ogni ambito del nostro quotidiano:

– Valutazione delle situazioni.

– Pianificazione.

– Valutazione del proprio stato psicofisico e tecnico in relazione all’evento da affrontare.

– previsione di criticità.

– Gestione dello stress, fisico ed emotivo.

– Capacità di affrontare l’imprevisto.

– Adattamento.

– Improvvisazione.

– Esercizio, esercizio, esercizio.

Andiamo ora ad affrontare sinteticamente ognuno dei punti testé vergati.

Valutazione delle situazioni

In quest’ambito andremo a capire dove ci stiamo recando, le condizioni ambientali, la logistica, le risorse presenti e quelle che necessariamente dovremo avere con noi.

Pianificazione

Fatte le necessarie valutazioni andremo quindi a pianificare le nostre attività in base a ciò che sono i nostri obiettivi quindi spostamenti, materiali.

Valutazione del proprio stato psicofisico e tecnico in relazione all’evento da affrontare

Qualsiasi situazione decidessimo di affrontare dovrà essere pianificata tenendo conto in maniera sincera e realistica della nostra preparazione tecnica e del nostro stato fisico e psicologico; l’esperienza in ambiente, se esercitata, ci potrà permettere di comprendere meglio il nostro corpo, i nostri limiti ed i nostri punti di forza, anche e soprattutto, oserei dire, psicologici, e ciò ci permetterà non solo di pianificare con più precisione i nostri obiettivi, ma anche di affrontare le situazioni con più coscienza e tranquillità.

Previsione di criticità

In base ai dati raccolti precedentemente valuteremo dunque quali potrebbero essere le criticità legate all’ambiente che andremo ad affrontare sommando caratteristiche ambientali (orografia, tendenze meteo, periodo dell’anno…), obiettivi, forma psicofisica, capacità di risoluzione dei problemi e gestione dello stress.

Gestione dello stress, fisico ed emotivo

Questo punto, come intuibile, si lega direttamente a quello appena precedente poiché una volta fatto voto di sincerità con sé stessi ed appurati i propri limiti ed i propri punti di forza impareremo non solo a valutare più attentamente le situazioni nelle quali andremo cacciandoci, ma anche a gestire meglio gli stress fisici ed emotivi che potrebbero presentarcisi a fronte di una qualsiasi criticità durante l’attività che stiamo svolgendo permettendoci di comprendere ed attuare meglio le azioni che stiamo portando avanti nella maniera più economa e funzionale possibile.

Capacità di affrontare l’imprevisto

Stanti i punti precedenti saremo in grado non solo di affrontare situazioni critiche, ma anche più banalmente gli imprevisti che ci si porranno innanzi in maniera tranquilla e funzionale e puntuale; fantasia ed esperienza sono affilate dall’esperienza e dalla conoscenza di sé e, perché no, del materiale che abbiamo con noi.

Adattamento

Non sempre le cose possono però svolgersi come abbiamo immaginato, possono infatti insorgere situazioni che ci porteranno a dover adattare le nostre strategie e le nostre azioni a situazioni contingenti di qualsiasi forma e dimensione e li sarà la nostra esperienza che andrà a determinare la capacità che avremo di gestire la nuova situazione in tranquillità, limitando così sovraccarichi fisici ed emotivi.

Improvvisazione

L’esperienza e la conoscenza andranno a lavorare sia sul nostro fisico che sulla nostra psiche che si fortificherà acquisendo in sicurezza e ciò ci porterà a sviluppare anche la fondamentale dote dell’improvvisazione, che lungi dall’essere cieco azzardo sarà per converso quell’azione che rappresenterà la summa di tutti i punti precedentemente elencati che nel momento del bisogno andranno ad intervenire sulle nostre azioni andando a scovare soluzioni non ortodosse a problemi contingenti.

Esercizio, esercizio, esercizio

Tutto quel che ho esposto sino ad ora non può prescindere dall’esercizio continuo e costante che, attenzione, non significa solo e necessariamente condizionamento fisico, che è pur molto importante, ma anche condizionamento mentale, pratica con le tecniche, si tratti di familiarità con i nodi, l’uso dei taglienti o di qualsiasi altro strumento, coscienza di sé, in ultima istanza.

Ora come può risultare facilmente comprensibile tutto ciò che ho appena esposto sinteticamente può essere assolutamente utile nel quotidiano extraboschivo a vari livelli, poiché tutto ciò che viene acquisito in termini di sicurezza di sé, competenze tecniche, manualità, capacità di prevedere (per quanto possibile) eventuali criticità, di prontezza e di fantasia utile per affrontare i problemi sarà spendibile in ogni ambito, si tratti della situazione più complessa sino alla più banale.

L’abitudine a riconoscere le risorse che si hanno a disposizione, immaginare il loro utilizzo e dare applicazione alla nostra visione, questo ci insegna il bosco e, che ci si trovi nella selva o in un parcheggio di un super mercato, sapersi destreggiare ci farà guadagnare tempo, ci eviterà frustrazioni ed in certi casi ci trarrà d’impaccio.

Alcuni esempi pratici possono aiutare a comprendere ciò di cui sto parlando.

Quante volte vi è capitato di dover fissare un carico sul porta pacchi dell’auto? Capita sovente di veder persone destreggiarsi malamente con corde elastiche, cordino o cinghie nel tentativo di fissare la fantomatica libreria Ikea sul tettuccio barramunito con scarso costrutto e anche quando il carico fosse sistemato con sufficiente cura il problema finale, spesso fatale, saranno i nodi che chiuderanno le legature, spesso mal fatte, con il rischio che sciogliendosi od allentandosi vadano a far disperdere il carico, o che siano inscioglibili con successive imprecazioni e taglio corde una volta giunti a destinazione ebbene, il conoscere le legature ed i nodi, competenze boschive pure, aiuterebbero non poco in una situazione del genere. Un bel paranco, qualche nodo a rapido rilascio, magari un autobloccante sarebbero la panacea del bricoleur da grande distribuzione.

Rimaniamo nel nostro parcheggio, altra libreria con alcune k nel nome, auto piccina, la confezione non entra, sporge, sporge troppo, toccherà pagare la spedizione o tornare con un altro mezzo…classico errore di valutazione e pianificazione dati dalla disabitudine a valutare, prevedere ed organizzare il proprio agire.

Anche saper alzare gli occhi al cielo mentre ci si appresta ad uscire a passeggio potrebbe essere utile: sapere quale vento porta tempesta, saper capire le nuvole, conoscere l’odore dei temporali può aiutarci a scegliere sia l’abbigliamento più consono, sia cosa portare con noi per scongiurare una doccia non voluta e odori a parte, che potrebbero essere viziati dal particolare ambiente, acquisire l’abitudine ad alzare il naso in su sarebbe assai utile anche nell’urbe, soprattutto nelle stagioni più instabili.

Questi esempi generici ci danno già un’idea di come le sicurezze e le competenze acquisite in bosco possano tornare utili anche in un ambiente urbano ma veniamo ad alcune esperienze personali nelle quali tecniche, competenze ed attrezzature boschive mi sono tornate utili in ambiente civilizzato.

Alcuni rudimenti di orientamento naturale, ad esempio mi sono tornati assai utili durante due viaggi distinti, uno in Svizzera, l’altro, più prossimo, in Torino.

Trovandomi a Sion in Svizzera, dovevo tornare -dopo una visita al museo cittadino- all’automobile parcheggiata in una via non troppo prossima. Non utilizzando smartphone e non avendo come sistema d’orientamento che una cartina decisamente poco dettagliata riportata su una guida Lonley planet sulla quale erano segnate solo le strade principali, senza vicoli ed incroci varii, ponevasi la questione di riuscire a tornare al mezzo; fortunatamente la cartina, pur sommaria, riportava segnato il nord, cosa non da poco! Una volta trovata una strada presente sulla carta non ho fatto che osservare il movimento del sole e, individuato con sufficiente precisione il Nord non ho fatto che orientare la carta e di li in poi trovare la macchina è stato piuttosto semplice.

Torino, zona periferica a me sconosciuta, come sempre senza navigazione satellitare e come sempre disperso fra sensi unici e stradine anonime, come tornare sulla giusta via? Essendo in corso il tramontare del Sole, dovendomi dirigere verso casa, quindi ad Ovest verso le montagne, non ho fatto che seguire il digradare dell’astro e voilà, la giusta via era ritrovata.

A spasso in città, sento l’odore d’acqua portato dal vento spirante da Est (le previsioni davano possibili piovaschi) proprio la direzione dalla quale arrivano i temporali nella parte di mondo dove mi trovo, il poncho -sempre presente- tenuto providamente a portata di mano in cima allo zaino, ecco le prime gocce, indosso quindi prontamente la copertura appena prima del diluvio nel fuggi, fuggi generale di chi, sprovvisto di qualsiasi tipo di ausilio contro la pioggia, sta cercando riparo da qualche parte.

Questi tre esempi dimostrano, se ce ne fosse bisogno, di come alcuni semplici rudimenti di orientamento naturale legati al moto del sole o l’abitudine a notare il movimento del vento e gli odori che porta, possano tornare utili in ogni ambiente ed a chiunque, perché se è vero che la maggior parte delle persone recano séco lo smartphone, è altresì possibile che per qualche motivo potrebbe non poterne usufruire, ed in quel caso conoscere qualche tecnica d’orientamento o aver sviluppato qualche sensibilità specifica, potrebbe essere non di poca utilità.

I prossimi due esempi metteranno assieme la conoscenza dei nodi e il possesso e l’utilizzo di un coltellino multiuso.

Per lavoro ho a che fare con i gazebo; sovente capita di dover montare in condizioni disagevoli a causa del vento, che pone la necessità di ancorare i teloni a terra o a qualche supporto che gli impedisca di volarsene via. Molto spesso in questa situazione vedo molte persone creare ancoraggi errati sia a livello concettuale (ma su questo non mi dilungherò), sia a livello di legature con il risultato di nodi che si sciolgono o cordini mal tensionati con tutto quel che ne consegue e spesso mi sono trovato a dar mano a qualche collega mettendo in opera nodi a rapido rilascio come ad esempio il nodo siberiano sull’ancoraggio al gazebo, ed un nodo Farrimond (prossima scheda in preparazione), equalizzabile ed autobloccante, all’ancoraggio a terra (che sia un picchetto, una radice o quant’altro poco importa), in modo da poter tensionare a dovere il cordino e variare alla bisogna il suo tiraggio senza dover sciogliere le legature.

Ovviamente chi dei colleghi ha prestato attenzione alla realizzazione delle due legature, piuttosto semplici da realizzare, ha portato poi con se un bagaglio in più di conoscenze utili in molteplici ambiti.

Rimaniamo a traccheggiare con i gazebo.

Recentemente ho aiutato una persona che stava ingaggiando una lotta perdente con un gazebo fallato, i perni di bloccaggio di due zampe erano finiti fuori sede ed erano incassati all’interno delle stesse, tenuti a pressione conto la loro parete interna dalle molle di rilascio, l’unica speranza di recupero dei perni era rimetterli in sede tirandoli e ruotandoli in maniera tale da farli tornare nella loro sede originale, il tutto era però reso disagevole dall’angusto spazio entro il quale recuperare i perni, infatti non potevamo che accedere all’interno delle zampe se non dai buchi lasciati liberi dagli stessi; sarebbero state utili delle pinze a becco angolate, ma nessuno ne aveva, ma con un po’ d’ingegno, pazienza e le pinzette del mio fido multiuso usate come uncino di fortuna, sono riuscito ad agganciare e riportare in sede i perni ribelli. Gazebo riparato.

Potrei continuare con altri mille esempi, ma credo di aver già annoiato a sufficienza chi avesse avuto la pazienza di seguirmi sin qui, concludo quindi con alcune semplici considerazioni.

Il portato di esperienze, tecniche e materiali che la frequentazione del selvatico ci porta ad acquisire ed approfondire, nonché la forma mentis che l’esperienza in ambiente e la capacità di risolvere con competenza e creatività i problemi che quest’ultimo ci pone innanzi, risulteranno utili anche in ambienti “atipici” qualora il caso e la necessità ci mettessero davanti a questioni più o meno spinose da risolvere ed ecco quindi la risposta alla domanda che ha aperto questo testo: “Si, l’utilità c’è e risiede nella capacità acquisita di saper usare le mani ed il cervello in maniera corretta, creativa e non convenzionale, tutte caratteristiche che il muoversi nel selvatico esercita, incentiva e potenzia, il tutto condito con una discreta capacità di pazientare, applicarsi e…tentare senza timore”.

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