Erbe edibili: Luppolo selvatico

Il luppolo selvatico (Humulus lupulus) Cresce spontaneamente sulle rive dei corsi d’acqua, lungo le siepi, ai margini dei boschi, dalla pianura fino ad un’altitudine di 1.200 metri se il clima non è troppo ventoso ed umido; è un rampicante, una delle sue note distintive è la copertura di peletti abrasivi ed “aggrappanti” tipo velcro sui rami, questa è una caratteristica importante poiché molte specie simili hanno i fusti lisci.

Se lo aveste casualmente incontrato sicuramente lo ricorderete per i non proprio amichevoli graffi lasciati su braccia e gambe, che possono somigliare a bruciature.

La foglia è trilobata e finisce a punta, la pagina superiore è coperta di peletti mentre quella inferiore è resinosa, tutte le foglie sono fortemente venate, la foglia femmina è a punta di freccia e mantiene le altre caratteristiche citate.

Luppolo, la caratteristica foglia.

Personalmente di questa pianta faccio due usi, uno alimentare ed uno di utilità.

Uso alimentare:

Utilizzo i giovani germogli che assomigliano come a dei piccoli asparagi, raccolgo i primi 7/10 cm del rametto.

Luppolo, il germoglio edibile.

I germogli possono essere consumati crudi in insalata e hanno un sapore leggermente amaro, tendono ad “allegare” un po al palato per questo li consumo assieme ad altre erbe/verdure.

Sono buoni ripassati in padella, lessati, tritati, aggiunti a minestre o riso.

Sono un classico ingrediente delle frittate primaverili, io non consumo prodotti animali da 21 anni e quindi sovente li utilizzo all’interno della torta di ceci (chiamata, a seconda delle zone, anche farinata o cecìna).

Utilità:

PIONIERISTICA- Le radici del luppolo sono lunghe e resistenti, sono relativamente facili da estrarre dal terreno, basta tirare la pianta dalla base e seguendone lo sviluppo se ne possono ricavare porzioni anche piuttosto lunghe, il mio record, chiamiamolo così, è di quasi 2mt.

Una volta estratta la radice possiamo -previa lavorazione- utilizzarla come cordame in varie maniere.

Luppolo, estraendo la radice dal suolo.

– Possiamo utilizzarla tal quale, dovremo solo torcere con delicatezza la radice in modo da separare un minimo le fibre fra loro e dall’anima, come si fa per intendersi con i giovani rami di nocciolo, a questo punto potremo effettuare le nostre legature.

Luppolo, un pezzo di radice estratta, già così è molto flessibile, come si vede ho realizzato tranquillamente un nodo Savoia ma per farla rendere al meglio dovremo prima processarla.

Generalmente la radice ha lo spessore di un dito, se avessimo bisogno di cordame più lungo e/o sottile dovremo procedere come illustrato nelle ultime due foto.

Eseguiamo sempre la nostra torsione della radice, una volta eseguita sfilettiamo la scorza esterna in modo da ricavare filamenti dello spessore che preferiamo, il più uniformi possibili. Stiamo molto attenti in prossimità dei “nodi” radicali, ovvero i punti dove dalla radice principale si dipanano le radichette secondarie, quelli sono potenziali punti di rottura.

Una volta ricavate le nostre fibre potremo intrecciarle come più ci aggrada, come esempio ho realizzato un intreccio classico da cordame (1) ed una treccia a tre fili (2).

Il cordame di radice di Luppolo è abbastanza resistente e può essere utile nei nostri lavori di pionieristica, mentre eseguiamo le legature ricordiamoci di serrarle bene ma non necessariamente “alla morte” poiché via via che la fibra asciugherà tenderà a ritirare ed a serrare la legatura.

Potremo anche stoccare il nostro cordame in radice e usarlo anche dopo molto tempo,basterà reidratarlo un minimo per evitare che si spacchi.

Ho legature di pali dell’orto realizzate in luppolo tre anni fa che sono ancora salde al loro posto.

PS: La pianta lavorata per le foto proviene dal mio orto e dovevo estirparla, non raccolgo radici solo per due scatti, solo in caso di necessità.

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