Traduzione dal francese
Qui Pièces et Main d’oeuvre Ecco un appello degli scimpanzé del futuro
Fratelli umani, sorelle umane, Avrete già sentito parlare del transumanesimo e dei transumanisti; di una misteriosa minaccia, un gruppo di fanatici, una società di scienziati e di industriali, discreta e potente, la cui trama occulta e l’obiettivo dichiarato consiste nel liquidare la specie umana per sostituirla con una specie superiore, “aumentata”, di uomini-macchine. Una specie che sarà il risultato dell’eugenismo e della convergenza di nanotecnologie, biotecnologie, neuro-tecnologie e degli immensi progressi della scienza.
Avrete già sentito parlare dell’ultimatum, cinico e provocante, di questo ricercatore in cibernetica: «Ci saranno delle persone impiantate, ibridate, e queste domineranno il mondo. Le altre che non saranno come loro, non saranno tanto più utili delle nostre vacche che vengono tenute al pascolo»; o ancora: «Le persone che decideranno di restare umane e rifiuteranno di migliorarsi avranno dei seri handicap. Costituiranno una sotto-specie e saranno gli scimpanzé del futuro». E vi sarete già chiesti se bisogna prendere sul serio queste sbruffonate oppure se si tratta solamente di fantascienza, di un modo ampolloso di esprimere l’orgoglio tecnocratico. Purtroppo il pericolo è reale e l’Umanità si trova ad affrontare un tentativo di estinzione, fomentato da una fazione egoista, implacabile e onnipotente, stanca di condividere ciò che resta di questo mondo con delle masse di bocche inutili e sempre più numerose.
Come siamo arrivati a questo punto, e cosa dobbiamo fare ?
All’inizio c’erano i poeti. Rimbaud: «Ho creato tutte le feste, tutti i trionfi, tutti i drammi. Ho cercato di inventare nuovi fiori, nuovi astri, nuove carni, nuove lingue. Ho creduto di acquisire poteri sovrannaturali. Ebbene! devo seppellire la mia immaginazione e i miei ricordi! Bella gloria di artista e di narratore andata in malora!» Ducasse: «È un uomo, una pietra oppure un albero quello con cui inizia il quarto canto». Poi gli artisti futuristi, francesi, italiani, sovietici: Marinetti, Majakovskij, Apollinaire e molti altri, cantori della violenza e della velocità; trombettieri e superstiti della Grande Guerra industriale e mondiale, esaltavano la tecnologia come vero mezzo per “cambiare vita” e “trasformare il mondo”. Dichiararono guerra alle anticaglie poetiche, al sole e alla luna; glorificarono gli aeromobili, le dighe, i motori, l’elettricità, il Titanic, le Metropolis, le armi blindate, gli stadi giganteschi. E i robot, le masse meccanizzate. Contribuirono alla diffusione dei due grandi movimenti dell’epoca: la tecnologia e il totalitarismo. Due movimenti convergenti. Due aspetti di uno stesso movimento di ingegneri degli uomini e delle anime, che mirano a fabbricare l’uomo nuovo, dall’Übermensch nazista all’uomo d’acciaio comunista passando per ogni sorta di superuomini e di Supermen, per approdare al cyborg; all’uomo bionico dei laboratori transumanisti, “ibridato” con impianti e interfacce. Negli anni trenta il nazional-rivoluzionario Ernst Jünger criticò il razzismo biologico e volgare dei nazional-socialisti, contrapponendogli l’avvento di un nuovo tipo di umanità: Il Lavoratore, in ceco il robot.