Autocostruzione: Fodero accetta con materiale di recupero

Il riutilizzo dovrebbe essere una pratica naturale per chiunque, che si tratti di oggetti nati per durare o la cui “scadenza” sia programmata prima o poi ogni cosa arriverà a fine corso e la nostra bravura e lungimiranza dovrebbero risiedere nel saper riutilizzare questi oggetti, in tutto od in parte, al fine di realizzare progetti che ci permettano di risparmiare risorse, materiali e perché no, denaro.

Qualche tempo fa ho acquistato una nuova piccola accetta da campo della quale parlerò in futuro, la casa produttrice vende a parte anche il rispettivo copri-lama, oggetto fondamentale per il trasporto o qualora si utilizzasse l’accetta come martello, i problemi rispetto a quello di fabbrica, dal mio punto di vista, erano due: il costo, non molto differente da quello dall’accetta in sé, ed il materiale costruttivo, la pelle; chi segue questo blog da tempo sa che non consumo né utilizzo derivati animali e quindi la pelle non rientra fra le mie opzioni, cosa che rende complicato reperire alcuni pezzi di attrezzatura boschiva come foderi e scarponi, ancor più se si ricercasse un’estetica più classica rispetto a quella più contemporanea, che di contro offrirebbe maggiori possibilità di reperire attrezzature che non usino materiali animali nella costruzione.

In passato ho realizzato un fodero di un’accetta utilizzando legno e stoffa e per il mio Mora del legno di betulla, ma per questa nuova accettina volevo qualcosa di diverso e mi sono ricordato di un vecchio paio di scarponi oramai inutilizzabili che avevo comunque tenuto da parte in grangia proprio con l’idea di riutilizzare in qualche maniera l’eco-pelle (che poi quanto possa essere definita eco e tutto da vedere, ma questa è un’altra questione…) con la quale erano costruiti, li ho quindi recuperati e ho tagliato delle porzioni di tessuto dal lato dello scafo attorno alla caviglia dalle quali ho ricavato le guance del fodero, ho poi sagomato uno spessore da applicare come battuta della lama fra le stesse che fungesse anche da tutela delle cuciture là dove questa va ad inserirsi.

Purtroppo il materiale non era sufficiente per realizzare una fettuccia di chiusura classica che passasse dietro il manico dell’accetta, né per realizzare una patta di chiusura che avvolgesse la lama, ho quindi dovuto optare per un progetto che prevedesse di applicare al fodero due asole speculari su entrambe le guance della copertura nelle quali far passare dello spago o del paracord, soluzione semplice anche se esteticamente non il massimo, ma come si dice: “ si fa con quel che si ha” e poi l’importante, alla fine, è la funzionalità.

Non avendo attrezzi per forare la pelle naturale -e questa eco-pelle è decisamente dura e simile a quella animale- ho realizzato i buchi di cucitura con la pinza che si usa per bucare le cinture e ho poi cucito il tutto con un attrezzo specifico che avevo preso in previsione di lavori di riparazione degli zaini in tela spessa.

La lavorazione è stata piuttosto semplice e relativamente veloce e per essere il primo lavoro del genere devo dire che posso ritenermi soddisfatto, soprattutto perché la funzionalità è ottima.

Il fodero consta di un guscio in eco-pelle che calza bene e stabilmente sulla lama della mia Prandi Segurin, il tutto reso ancor più stabile da un pezzo di paracord (che si inserisce in un alamaro in betulla) che avvolge il manico dell’accetta in modo da evitare che il fodero si sfili accidentalmente nello zaino.

Il tutto è bello? Non proprio.

Funziona bene? Decisamente.

È longevo? Vederemo.

La cosa fondamentale è l’aver realizzato qualcosa con le mie mani, l’aver recuperato del materiale che altrimenti sarebbe divenuto rifiuto ed aver sperimentato nuove tecniche e pratiche che certamente migliorerò e che mi saranno sicuramente utili in futuro.

Buoni boschi, alla prossima.

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