Consigli di lettura: “La mia prima estate sulla Sierra” di John Muir

“La mia prima estate sulla Sierra” di John Muir è un sia classico della letteratura di viaggio romantica, sia un classico della letteratura sulla wilderness di stampo anglosassone; pur essendo un autore americano e trattando il libro dei paesaggi americani, nello specifico californiani, tutto il libro è impregnato di un lirismo simbolista che ci ricorda, a tratti, alcuni quadri preraffaelliti, non a caso Muir era di origini scozzesi ed in Scozia aveva passato buona parte dell’infanzia. In lui però si intravedono anche i tratti dell’uomo del nuovo mondo per quanto riguarda la dimensione esplorativa e di creazione di senso attraverso il viaggio nel selvaggio ma senza l’enfasi della conquista e della sfida alla natura che in quegli anni (solo in quegli anni?) attraversa le grandi frontiere americane, piuttosto con un piglio di curiosità infantile -in senso altamente positivo- e di ricerca interiore che si fondono nella scoperta di una consapevolezza del tutto nuova, in quelle terre (almeno per quanto riguarda il pensiero occidentale ivi importato), di quanto l’uomo non solo sia partecipe del processo naturale, ma di quanto sia necessario che in questo si ritrovi e si muova senza velleità imperialiste ma procedendo in concerto con essa e con tutti gli altri suoi abitanti, in questo si intravedono molte somiglianze con il pensiero di Thoureau anch’egli, non a caso, d’origine europea ed intriso di un misticismo religioso non trascurabile.

Eppure anche Muir è un uomo del suo tempo e come i suoi contemporanei non riesce ad uscire del tutto dalla visione occidentalista del mondo tanto da non capire del tutto -ad esempio- il sistema d’esistenza dei nativi che spesso accomuna in senso involontariamente sminuente agli animali (in alcuni tratti del libro visti in maniera fortemente specista, in altri invece tutto il contrario) trattandoli con paternalista condiscendenza.

Al di là però di qualche piccolo peccato che va certamente inserito nel contesto storico dove si è dipanata l’esistenza dell’autore c’è da rilevare la sua visionarietà e la sua estrema modernità nell’individuare nella necessità di tutela dell’ambiente di fronte all’aggressività dei suoi simili, come uno dei perni fondamentali dell’agire umano negli anni a venire e a lui si deve la nascita della prima area protetta degli Stati Uniti, il parco di Yosemite, tanto caro ed importante per noi arrampicatori e non solo.

“La mia prima estate sulla Sierra” è il resoconto di un viaggio dell’autore attraverso la Yosemite valley a fianco di un gruppo di pastori, lo stile di scrittura è fluido e ricco di immagini altamente descrittive e suggestive, forse in certi casi Muir sconfina troppo nel lirismo, tratto tipico di tanta letteratura di viaggio del periodo, nonché in un certo misticismo ma tutto è inserito in un quadro generale di scrittura davvero piacevole ed il cui portato si può ritrovare ampiamente in tanta letteratura successiva, anche contemporanea; come non trovare un po di Muir in Moor, Mcfarlane, Miceli, Mowat (con il quale le somiglianze sono forse ancor più marcate), ecc…? Non solo l’area dello Yosemite sarebbe stata differente senza Muir, ma anche la narrazione di viaggio moderna.

La modernità di Muir non si ferma però all’intuizione ambientalista o al suo contributo alla scrittura d’oggiddì, infatti in questo libro si intravede, in potenza, tutta la capacità creativa dell’andar per boschi ed alture, nel rapporto fra il suo approccio al viaggio e quello dei suoi compagni d’avventura si comincia a prefigurare una sorta di lettura della realtà che dall’oggettivo inconoscibile, e tale perché filtrato dal soggetto, ad una soggettività creativa (ancor oggi tutta da indagare), gli occhi di ognuno vedono la medesima cosa, ma non vedono la medesima cosa…

La mia prima estate sulla sierra è annoverabile fra i miei libri di viaggio preferiti? No, merita di essere letto? Assolutamente si.

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