Alcuni cenni storici sull’acqua del solstizio

Quello che segue è il testo di una breve dispensa che abbiamo distribuito ai partecipanti alla festa del solstizio tenutasi settimana scorsa. buona lettura

Brevi cenni sulle tradizioni erboristiche del solstizio d’estate

l’acqua del solstizio

Il solstizio d’estate, che quest’anno è stato precisamente il 21 Giugno alle 17:54 ora italiana, rappresenta l’avvio ufficiale dell’estate astronomica e pure la giornata con più ore di luce dell’anno e al contempo l’inizio delle giornate più corte.
La parola solstizio deriva dal latino solstitium (il sole si ferma) ed è in effetti il momento in cui il Sole raggiunge il punto massimo all’orizzonte (il minimo al solstizio di inverno, 20 dicembre) e sembra quasi che il sole indugi in questa posizione prima di riprendere il suo moto discendente.
Nelle tradizioni antiche ai solstizi veniva attribuita grande importanza ed erano celebrati con particolari rituali. La notte del solstizio, la più breve dell’anno, è sempre stata percepita come l’apice della fertilità e del vigore della terra.
La celebrazione degli antichi riti per il solstizio d’estate ha quindi dato luogo per secoli a manifestazioni diverse collegate con le credenze e gli usi popolari, come i fuochi di san Giovanni e gli altri rituali propiziatori tipici delle feste di inizio stagione.
Da sempre la luce è stata importante per l’umanità e da sempre questo periodo dell‘anno, dalla preistoria ad oggi, è stato un momento magico, particolare. In tutta Europa e nel Nord Africa si festeggiava con l’accensione di fuochi e con la raccolta delle erbe cui si attribuivano speciali poteri di natura magica. Durante la notte si usa far ardere falò nelle campagne, specie in cima alle colline, ai dossi e alle montagne, in modo da poter far rotolare lungo i pendii ruote infuocate. Il contadino, con questi fuochi, vuole aiutare il sole che comincia a scendere sull’orizzonte perché non l’abbandoni e continui ad offrire la sua energia ai campi. I fuochi vengono interpretati come festa in onore del sole, manifestazione del divino nel suo massimo splendore solstiziale. Per quanto riguarda le erbe, nella cultura popolare si riteneva che fossero le streghe a raccoglierle, ed ognuna di esse aveva particolari poteri di allontanare o distruggere gli influssi malefici. Le donne erano e sono le depositarie della sapienza legata alle capacità curative delle piante come ad esempio l’iperico o erba di s. Giovanni, l’artemisia “assenzio vulgare” (la pianta di Artemide/Diana), la verbena , la lavanda, il biancospino, la menta, la ruta, il rosmarino, la felce e tante altre, a seconda della stagione e dell’area geografica.
Con alcune di queste erbe si preparava l’acqua del solstizio. Le erbe venivano lasciate a macerare in una bacinella d’acqua di fonte fuori dall’uscio la notte della vigilia; all’alba le donne filtrano questa acqua profumata, la usano per lavarsi il viso e la offrono a familiari e ad amici in m odo da distribuire anche intorno i suoi effetti benefici di bellezza, salute e prosperità, per proteggere dalle negatività, preservarsi da malattie e come rituale propiziatorio.
In altre ricette regionali tra le erbe dell’acqua del solstizio compaiono anche la salvia ed il sambuco, la camomilla, le margherite, la melissa, la ginestra, l’alloro o sovente si prescrive di raccogliere indiscriminatamente dal selvatico i fiori presenti e poi di infonderli nell’acqua.

le erbe del solstizio e le loro proprietà nei libri del museo etnografico e della stregoneria di Triora

L’acqua come mezzo di purificazione e di buon auspicio ricorre anche in altre preparazioni solstiziali legate alla rugiada: le erbe bagnate da essa alla luce della luna si trasformano in un farmaco potente a guarire ogni guisa di malattie cutanee.
In generale, la rugiada che cade durante una notte di luna piena è indicata per la preparazione dell'”acqua lustrale”, m a quella che si deposita sui vegetali durante la notte del solstizio d’estate è la più pregiata.
Altre prescrizioni sono quelle di utilizzare la rugiada raccolta goccia su goccia per detergersi oppure di bagnarsi alle fonti, ai torrenti, al m are a seconda della zona. In particolare la prima acqua attinta la mattina della festa mantiene la vista.
Per realizzare la cosiddetta Croce di San Giovanni invece bisogna raccogliere i fiori di campo -tra cui il giglio di san Giovanni-, riunirli in 4 mazzetti e porli in form a di croce, poi lasciare tale croce alla rugiada, ritirarla la mattina ed essiccarla per poi porla sopra la porta di casa a protezione e come segno benaugurante.
Molti contadini invece inchiodano sulla porta di casa il fiore di carlina che serve per impedire il passo del male perché questo, vedendo il fiore, è costretto a contare con assoluta certezza le migliaia di capolini che form ano il seme. Quindi, consuma la notte in questo m odo e all’alba è obbligato a fuggire senza aver nuociuto.
Inoltre la carlina ha caratteristiche igroscopiche, risultando quindi utile nelle previsioni del tempo direttamente sulla propria porta di casa!
Nel giorno del solstizio d’estate (nell’ emisfero boreale) il sole si trova allo Zenit, nel punto più alto del cielo, in generale è il m omento migliore per la raccolta di piante officinali e di erbe spontanee essendo più concentrata la presenza di olii essenziali. Altre preparazioni solstiziali tipiche, molto note e ancora molto praticate, sono quelle
della preparazione dell’oleolito di iperico -macerato oleico per digestione solare di fiori di
iperico- ed il liquore di noci, il nocino.
Si raccolgono le noci acerbe per preparare il nocino, ricostituente e rinvigorente per tutto l’anno; la raccolta delle noci con il mallo è prerogativa femminile, secondo alcune tradizioni le donne si dovevano recare insieme presso i noci -gli alberi delle streghe,
sotto le cui magnifiche fronde non cresce nulla..- scalze durante la notte del solstizio. Le donne hanno pagato duramente, specialmente nel XVI Sec. questa sapienza millenaria, venendo additate, imprigionate, indicibilmente torturate ed uccise con l’accusa di stregoneria.

San Giovanni battista di Leonardo da Vinci

Dalla festa del solstizio a quella di san Giovanni

I giorni dei festeggiamenti del solstizio d’estate duravano dai 4 ai 7 giorni e tutte le antiche tradizioni rurali erano a conoscenza dei rituali. I due solstizi erano rappresentati da una figura particolare, Giano Bifronte, custode sia dell’inverno che dell’estate. Le due porte servivano per accedere in due dimensioni ultraterrene, Giano Bifronte riusciva a vedere nell’una e nell’altra dimensione, passato e futuro.
Con l’arrivo del Cristianesimo, la figura del dio agreste venne soppiantata da due santi della religione cristiana, Giovanni Evangelista che viene celebrato al solstizio d’inverno, e Giovanni Battista che viene
onorato il 24 giugno. In molte città italiane ne diventa anche il patrono.
Giovanni Battista fu un personaggio molto particolare nella storia della religione cristiana, era chiamato al tempo di Gesù “Giovanni colui che immergeva nelle acque”; legato sicuramente ai culti femminili della dea madre, l’acqua, il grembo, l’utero, era il sacerdote più vicino al concetto di fecondità, di rinascita che venivano usati nei culti dell’antico Egitto, culti nei quali si aveva uno stretto legame con la regina delle acque, con colei che governa nei grandi fiumi, Iside. In diverse raffigurazioni, Giovanni versa l’acqua sulla testa di Gesù con l’aiuto di un conchiglia, simbolo della femminilità creatrice, legata poi in seguito alla nascita di Venere, utero primordiale da cui tutto nasce e dove tutto fa ritorno.
Secondo molti, san Giovanni Battista è anche ravvisabile nella figura dell’uomo selvatico, archetipo presente nella cultura popolare di molte aree europee, in particolare delle regioni montane; si tratta di un essere umano selvaggio, a tratti semidivino, abitante dei boschi e generalmente raffigurato come ricoperto da vegetazione o da una folta peluria.
Nell’iconografia devozionale alcuni tratti del selvatico furono attribuiti a san Giovanni Battista, spesso rappresentato come un eremita con barba e capelli fluenti e ricoperto da una pelliccia, a simboleggiare che l’essere umano fa parte della natura selvatica ed è in relazione con tutti gli altri elementi naturali, nonostante se ne dimentichi sempre più
spesso.
Le popolazioni antiche celebrano sia l’energia solare che l’energia lunare. Mano mano che andiamo avanti nel tempo i culti femminili vennero completamente soppiantati da quelli maschili, come nel caso delle festa di san Giovanni.
La raccolta delle erbe nella notte di san Giovanni è un chiaro esempio di come la grande macchina della religione cristiana cercasse di soppiantare e reprimere una tradizione tramandata oralmente dalle Herbarie. Come ultimo esempio riportiamo quello de “la Guazza di san Giovanni”, cioè la rugiada che doveva essere raccolta nella notte in cui veniva celebrato il guardiano delle porte: doveva essere raccolta con un panno bianco, puro, mai usato, prima che il sole spuntasse sui campi. Anche in questo caso, la rugiada raccolta aveva potenti virtù curative, tra cui salute, benessere e fecondità.

per info e bibliografia ifioridelmale@autoproduzioni.net

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