riceviamo e diffondiamo, esprimendo la nostra solidarietà agli/alle imputatx
L’udienza d’appello a Firenze del 5 ottobre ha visto un rinvio alla già fissata udienza del 19 ottobre per la mancanza di un perito del pubblico ministero e di un ispettore della digos di Pisa che ha seguito tutta l’indagine.
Sabotaggio antinucleare: dopo 10 anni si ritorna a processo
Nel 2005 a Molina di Quosa (Pisa) un traliccio Terna dell’alta tensione della linea La Spezia-Acciaiolo viene sabotato con due cariche di dinamite, azione che lo ha danneggiato seriamente ma senza farlo cadere.
Nei giorni successivi una lettera anonima, arrivata ad agenzie di stampa e alla redazione pisana del giornale ecologista radicale Terra Selvaggia, motivava il gesto contro i nuovi progetti di ripresa dell’energia nucleare.
Questi progetti non sono stati mai veramente dismessi con il referendum dopo Chernobyl, ma continuano ad essere portati avanti in numerose ricerche e centri sperimentali, come nella facoltà di ingegneria nucleare di Pisa che rappresenta un’eccellenza a livello nazionale. Sempre sullo stesso territorio nel parco naturale di S. Rossore spicca anche il CISAM: reattore nucleare sperimentale e centro di ricerche militari. Recentemente questo impianto ha fatto parlare di se per lo sversamento di acque radioattive nel canale dei navicelli che porta da Pisa al mare. Acque tossiche definite prive di pericoli dalle solite servitù locali Arpat e Asl. Questi veleni intramontabili ricordano invece che dal nucleare non si esce: quello che è stato prodotto, o che è rimasto come scoria, rappresenta l’eredità di una visione di mondo in cui la produzione energetica e il controllo militare si situano sopra qualsiasi cosa, anche se il prezzo è un lascito di un mondo discarica.
In quegli anni, soprattutto in Italia, non esisteva un vero dibattito sull’energia nucleare neanche nei contesti ambientalisti, dove sicuramente su certe questioni l’attenzione era più alta. Sembrava che con il referendum, ma soprattutto con il disastro di Chernobyl, si fossero creati gli anticorpi per difendersi dagli ingegneri dell’atomo. La realtà invece si è posta subito in maniera diversa: se in Bielorussia gli ecosistemi e tutti gli esseri viventi continuano a subire le terribili conseguenze delle radiazioni, qui si è persa la memoria di quello che è avvenuto e continua ad avvenire. Però per i paladini dell’atomo questo non è stato ancora abbastanza, hanno pensato loro di scrivere una nuova memoria instillando prima la paura per un collasso ecologico e quindi sociale, ormai più che evidente; successivamente ha preso piede la creazione di una cieca fiducia nella tecno-scienza e nelle sue soluzioni. In questo nuovo paradigma il così detto disastro nucleare non è più un qualcosa di eccezionale e soprattutto di imprevedibile, ma fa parte di una dimensione in cui la servitù è spacciata per responsabilità. Quella responsabilità che avrebbe dovuto farci capire che, in tempi di perenni crisi e quindi di rischi, certi irrazionali pensieri contro il tecno mondo non solo, non sono accettabili, ma sono terroristici, anzi eco terroristici. Del resto non esiste forse la Green Economy per pensare a quello che resta della natura? E se ancora ci fosse qualche dubbio basta tenere presente che le tecno scienze troveranno una soluzione, perché si tratta sempre ed esclusivamente di problemi tecnici risolvibili con tecnologie appropriate. A Fukuschima del resto è la stata la stessa società responsabile degli impianti che si è adoperata per metterli in sicurezza, essendo l’unica ad avere le tecnologie opportune. È stato trattenuto ufficialmente il mostro radioattivo, ma solo perché la radioattività è invisibile e ha conseguenze non immediate. Questo ha permesso ai tecno scienziati nipponici sostenuti dalle potenti lobby dell’atomo internazionali di mostrare una situazione sotto controllo quando invece il mostro radioattivo già era ben lontano per mare, terra e aria a portare in giro le sue conseguenze mortifere.
Se nel 2005 non vi era attenzione e interesse sul nucleare da parte del pubblico, in sordina si stava già muovendo da diverso tempo la lobby nuclearista capitanata in Italia da Enel che stava investendo fortissimo in tutta una serie di nuovi impianti in Francia e nell’Europa dell’Est, peraltro utilizzando negli impianti le stesse tecnologie di Chernobyl. Il progetto di fondo era quello di riportare l’atomo ancora una volta in Italia con la costruzione di nuove centrali o rimettendo in sesto quelle precedenti. (altro…)